pulcinafiamminga ha scritto:Parli di una scuola di riferimento? come sarebbe a dire, bisogna comunque scegliere una scuola?
Quando il bimbo entra in età scolare, va comunicato alla scuola elementare del proprio comune, a inizio dell'anno scolastico, che si intende provvedere personalmente alla sua "istruzione". Il dirigente è tenuto a prenderne atto ed eventualmente a verificare che i genitori si stiano realmente occupando dell'"istruzione" del figlio. Parlo qui di "istruzione" perché è questo il campo che principalmente interessa alla scuola. Nel nostro caso si pò parlare di percorso di crescita, di formazione, di educazione, ecc ecc.
pulcinafiamminga ha scritto:Posso chiederti come mai sei così convinta e presa dalla voglia di fare unschooling con le tue figlie? da dove nasce il desiderio, la filosofia, perché? sono curiosa...
Bella domanda! Mi dà occasione di mettermi di fronte a me stessa e a rivalutare i perché...
Sono partita con questa idea, quando, dopo lunghe riflessioni e discussioni col mio compagno, abbiamo raggiunto un accordo sul fatto che non avremmo mandato le bimbe alla scuola dell'infanzia (la scuola materna, per intenderci), almeno per il momento.
La scuola dell'infanzia non è obbligatoria, infatti, e nasce prima di tutto, non da un'esigenza del bambino, ma dall'esigenza dei genitori che in alcuni casi VOGLIONO, in altri SONO OBBLIGATI dalle circostanze a tornare al lavoro. Secondo alcuni pedagoghi , ma anche pediatri (vedi il mio adorato Carlos Gonzale di Besame Mucho), i bambini in età prescolare (anche fino a 6-7 anni), hanno bisogno di stare con la loro mamma, col papà, col loro nucleo familiare in genere, che - man mano che cresce - si allarga sempre più, andando a comprendere anche gli amici dei genitori coi rispettivi figli.
Nonostante nella Scuola dell'Infanzia di Finale Ligure (dove, eventualmente, avremmo potuto portare le nostre bimbe), si svolgono un sacco di progetti interessanti, come una sperimentazione steineriana, biodanza, lavorazione del pane, varie attività manuali interessanti, musica in culla, ecc, abbiamo ritenuto che tutto questo, per quanto interessante e affascinante, non avrebbe comunque uguagliato il naturale desiderio di mamma che ancora ha molto forte un bambino di 2-3 anni (le mi bimbe devono appunto compiere una 3 anni, l'altra 2). Dal momento che io ho fatto una scelta che è stata quella di fare la mamma, rinunciando a lavorare, mi sembrava più coerente continuare a far la mamma. Ed è evidente che non l'ho fatto solo per coerenza, ma perché, come ho già detto, penso che in quella fascia di età per i bimbi la mamma sia davvero ancora molto importante. Ed è importante pure il papà, ovviamente! E così, le mie bimbe, tutte quelle attività che farebbero a scuola, le fanno con me e col papà: facciamo il pane, non tanto per farlo, ma perché noi non lo acquistiamo fuori, ma ci piace autoprodurlo, utilizzando la pasta madre. Facciamo torte e biscotti, le bimbe aiutano a cucinare, come pure a stendere i panni.....e fanno anche tanti pasticci. Cantiamo in continuazione semplicemente perché io adoro cantare (in particolare tammurriate e tarantelle) e loro mi vengono dietro con strumenti veri, non giocattoli, messi a loro disposizione (tammorra, tamburello, bongo e nacchere). Poi giocano anche per i fatti loro. Si divertono coi colori (ci hanno decorato buona parte dei muri di casa), ecc. Ma la cosa che per me ha più valore in assoluto è che VIVIAMO la stessa vita: io sono partecipe della loro e loro della mia. Non è che io ho la mia vita, fatta del mio lavoro, delle mie relazioni, dei miei svaghi, dei miei amici e dei miei impegni, e loro la loro fatta di nonni e asilo. Quando vado al cinema, ci vado con loro. Loro poi si addormentano alla tetta, ma per me è bellissimo il fatto di essere usciti tutti insieme (un'unica tribù, cani compresi). E così quando andiamo al mercato, o a cena da qualche amico, o a una sagra, o a un concerto....
E dunque, mi sono chiesta: perché tutto questo deve finire quando loro compiranno 6 anni? Perché non possiamo andare semplicemente avanti in questo modo?
C'è da dire, poi, che sono abbastanza delusa dal sistema scolastico. Principalmente non mi piace il modo in cui si insegna ai bambini a "fare" le cose per averne un giudizio. Come ho già scritto in uno dei miei post, in questo modo si mortifica il naturale entusiasmo del bambino verso l'apprendimento di cose nuove e si pensa che questo impari solo sotto minaccia di un voto negativo. Inoltre si instaura la competizione e il desiderio di un bambino di esser giudicato migliore di un altro.
Poi si aggiunge lo stress dello studiare: apprendere, conoscere viene snaturalizzato, non è più una cosa divertente, ma diventa un lavoro, una rottura di scatole, un peso, un obbligo, fatto di compiti a casa, compiti per le vacanze e verifiche e interrogazioni. Insomma, diventa una fatica e perde tutto il suo fascino.
E allora qual è l'alternativa? Le mando a scuola e poi parlo tutto il tempo male del sistema, della scuola, delle "maestre che non capiscono niente" (questa è una frase che mi è capitato di sentire molte volte)? Oppure, più onestamente, lo rifiuto questo sistema che non mi piace e, visto che la legge me lo consente, faccio diversamente?
saralla ha scritto:Volevo chiedere a sole e unamas una cosa che non mi è chiara, e mi incuriosisce molto: in questo percorso di scuola familiare è previsto, e che valore ha il confronto/scambio/rapporto con altri bambini?
...e qui siamo, secondo me, a un punto molto importante. Personalmente, è quello che più di tutte mi mette in crisi. Infatti per me il confronto coi coetanei è molto importante. Ed è certo che a scuola si ha la possibilità di trovarsi a confronto con realtà diverse, con bimbi di estrazione sociale diversa, di etnia e cultura e tradizioni diverse. Insomma, a scuola puoi conoscere il figlio dell'avvocato come il figlio dell'operaio e scoprire che non esistono solo mamma che isegna inglese e papà che lavora in teatro, che c'è chi la macchima non ce l'ha e chi ce l'ha grossa dieci volte la tua, che c'è chi a merenda ha quelle cose che mamma chiama "le schifezze confezionate" e che però tu hai tanta voglia di provare e quello che ha la mela come te... Tutto questo è importante e, ovviamente, è difficile da ottenere in casa...
L'ideale sarebbe riuscire a creare tanti momenti di incontro tra bimbi anche al di fuori della scuola. Occasioni in cui i bimbi giocano e si relazionano, fanno esperienze, anche coi genitori, anche se non necessariamente questi devono fare da mediatori. il difficile è riuscire a crearle e promuoverle queste occasioni. Io ho varie amiche (tutte con idee diverse dalle mie) i cui figli frequentano la scuola dell'infanzia e con le quali a volte ci si vede, magari anche semplicemente per fare una passeggiata o per mangiare insieme, così i bimbi stanno in compagnia. Però, credo che questo non sia sufficiente e che dovremmo lavorare di più in tal senso. Un incontro solo saltuario con altri bambini è troppo poco. Su questo siamo anche svantaggiati per la posizione in cui viviamo. Stare in mezzo ai boschi, non dico “fuori dal mondo”, ma quasi, ci pone in difficoltà, in quanto bambini nelle immediate vicinanze non se ne trovano e, se vogliamo che le nostre figlie stiano con altri bimbi, dobbiamo sempre fare dei Km… a meno che non li invitiamo noi.
Leggendo il documento che mi ha mandato “unamas”, mi ha incuriosito molto la storia di una bambina, per la quale hanno risolto il problema, mandandola a scuola una settimana al mese. Credo che possa essere un buona alternativa. La bimba stessa si diceva felice di questa soluzione, che le permetteva di vedere altri bambini, fare nuove amicizie, stare comunque al passo coi programmi svolti.
Credo anche che queste soluzioni di “unschooling” o “scuola familiare” funzionino meglio in situazioni di vita comunitaria, ad esempio come negli eco-villaggi, dove c’è un grande scambio e confronto continuo, dove ci sono in genere già tanti bimbi, dove per lo più si vive in maniera collettiva e non individualistica. Noi siamo troppo isolati….d’altra parte io ho ancora paura a fare la scelta di andare a vivere in un eco-villaggio. Credo che dovrei fare tanto lavoro su me stessa prima di riuscire a vivere in una comunità, anche se molte cose mi affascinano e anche se mi rendo conto che quello che desidero realizzare io molte volte sono le stesse cose che vengono realizzate in eco-villaggi, come quello degli Elfi.
Dunque saralla, grazie per aver tirato fuori l’argomento. La questione è ancora aperta….
Quindi, spero di ricevere suggerimenti in proposito.
Baci a tutte
Sole