La via di mezzo tra regole e anarchia?

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alea
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La via di mezzo tra regole e anarchia?

Messaggio da alea » dom gen 15, 2006 11:33 am

Nel topic sull'asilo di nido si è accennato al fatto che i bimbi vengono fatti rimanere seduti mentre mangiano, inibendo in qualche modo il desiderio di muoversi ed esplorare. Nella mia perenne indecisione sul giusto mezzo mi chiedo però se non possa avere un senso cominciare fin da subito con qualche regola minuscola e comprensibile, sempre che sia accettata senza troppi drammi, appunto come quella di restare seduti durante il pranzo o la cena. Insomma: se si scatenano crisi, il bimbo non vuole a nessun costo rimanere seduto (e potrebbe avere ottime ragioni: il pediatra di mio figlio mi ha spiegato che molti bimbi con reflusso fanno così) è insensato costringerlo, soprattutto se è piccolo; ma se accetta la proposta, e in fin dei conti si tratta di un tempo breve, perché considerarlo un'irregimentazione? O sono io così inquadrata da non riuscire più a cogliere la distinzione? Mi preoccupa il fatto che presto o tardi sarà necessario assumere certi comportamenti indispensabili (anche se non graditi) per la convivenza, ad esempio a scuola: perché non cominciare con gradualità?
Alessandra

ale
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Messaggio da ale » dom gen 15, 2006 1:49 pm

cara alea, sono d'accordo con te sulla necessità, che prima o poi, si manifesta anche nei genitori meno rigidi, di vedere il proprio bambino seduto a tavola. tuttavia credo che l'età dei bimbi inseriti al nido sia troppo precoce per aspettative di questo tipo, soprattutto considerando che, mentre a casa ci sei tu e c'è il tuo bambino, al nido c'è un'educatrice con 10 bambini (spesso è così, anche se il rapporto dovrebbe essere di max 6 a 1). per cui immagina in cosa può sfociare il momento del pranzo...
joanna ad es. quando non ha più voglia di stare seduta non è obbligata a starci, se non ha + fame può andare. sono fiduciosa del fatto che il giorno in cui non avrà tutta questa necessità di movimento tipica dei bimbi piccoli, gradirà da sola rimanere a tavola con noi, posto che il momento del pasto sia un momento sereno per la famiglia, e questo proprio perché nessuna l'ha mai costretta dove non voleva.
ricordo un bambino al nido che non voleva mai stare seduto. riusciva a scappare da qualunque sedia, sarebbe scappato anche se lo avessero legato! a pranzo non si faceva altro che rincorrerlo per rimetterlo a sedere. ovviamente innescava la voglia di fuggire in tanti altri bambini. avevamo 25 bambini in 3. era il delirio. ripeto: l'asilo dove ho lavorato io era pessimo, ma anche gli altri 2 in cui ho lavorato poi non scherzavano. c'è da dire che erano gestiti da cooperative, la paga era minima e regnava il malcontento tra le educatrici, che oltre ad essere sfruttate erano pure parecchio impreparate a lavorare coi bimbi.
ale

alea
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Messaggio da alea » dom gen 15, 2006 3:05 pm

Cara Ale, grazie della risposta. In realtà non ho proprio l'esigenza di vedere Chicco seduto a tavola, visto che purtroppo (per la mia comodità, egoisticamente!) ci sta fin troppo volentieri... In braccio a me, mangiando dal mio piatto. Avevo preso spunto da questo riferimento per chiedermi e soprattutto chiedervi se questa mia idea di insegnargli (forse precocemente? Ha un anno e mezzo) cosa fare non risulti alla fine castrante per lui. Le situazioni in cui si finisce per "indirizzarli" risultano poi tante, soprattutto a casa di altri: non toccare questo, non buttare quello, lascia stare le piante, non correre per tutta la casa... Ma a tre anni cambierebbe qualcosa? O non si sposta semplicemente il problema?
Alessandra

ale
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Messaggio da ale » dom gen 15, 2006 4:33 pm

beh, parlando di limiti in generale, trovo che arrivi un momento in cui diventano necessari, senz'altro. di più, credo che non porre limiti sia dannoso per il bambino quanto darne troppi.
il primo momento in cui mi sono trovata in difficoltà con joanna è stato proprio verso il suo anno e mezzo, quando mi sono trovata per la prima volta a dover contenere le sue azioni. ricordo una sera che voleva scendere le scale alle 11 di sera da sola e portando la scopa! all'inizio i suoi pianti di ribellione ai miei no, mi hanno messa in crisi per molto tempo. ma molto in crisi. non sapevo come gestirli. mi pareva appunto di limitare la sua libertà, castrando, come dici tu, il più sano degli entusiasmi e tutta la sua voglia di scoprire. sempre pensavo agli yequana o alle comunità indigene in generale, in cui non ci sono le regole di comportamento (o comunque quelle che sono, sono più vicine al continuum biologico) della nostra società, che per un bambino devono essere davvero assurde.
vi ricorderete i miei post disperati... fino a che un giorno, molto dopo, mi sono resa conto che il problema era mio, nel senso che ero io in difficoltà a mettere paletti, per il semplice fatto che io da bambina non ne ho quasi ricevuti. mia madre troppo insicura, al mio minimo pianto ha sempre ceduto. mio padre troppo assente. e se da un lato mi sono sempre trovata nelle condizioni di essere libera, dall'altro ho spesso sentito la sensazione di essere abbandonata a me stessa, in balia dei miei entusiasmi, delle mie energie, dei miei bisogni, senza la capacità di dare loro il giusto peso. insomma, mi è mancata una guida, qualcuno che mi prendesse per mano e a volte mi indirizzasse. qualcuno che mi contenesse e mi dicesse anche basta quando stavo esagerando. ricordo che a volte sapevo di esagerare, ma provocavo apposta per vedere fino a dove mi avrebbero lasciato arrivare. tastavo i limiti, appunto. mi sono trovata a dieci anni a girare per il paese in bici d'estate a mezzanotte, mentre tutti i bimbi della mia età erano a casa da un pezzo. ricordo uno smarrimento, una solitudine profondi.
osservando mia figlia, che ha una personalità così simile alla mia che riesco davvero a leggerle dentro (certo non sempre, non in tutto) o perlomeno a capire i meccanismi dei suoi ragionamenti, mi sono accorta di quanto i suoi comportamenti siano tesi a misurare i limiti. di quanto a volte mi stia in realtà chiedendo di essere contenuta.
ho dovuto lavorare su me stessa a lungo, tra errori e pianti e momenti di dubbio e scoraggiamento totali, ho dovuto arrivare a lasciarle fare pressoché tutto in nome del suo bisogno sacrosanto di esplorare, per poi trovarmi a non riuscire più a gestirla e incazzarmi troppo, arrivando, come ben sapete, alle sberle. lì è stato come darle a me stessa, macché molto peggio. quegli episodi mi hanno aperto gli occhi: stavo sbagliando. accumulavo sensazioni di prevaricazione da parte di joanna su noi genitori, tacevo inghiottendo cose su cui istintivamente non ero d'accordo per evitare lo scontro, perché sapevo che mia figlia avrebbe reagito urlando, piangendo e sbattendo sui mobili... fino a che, magari dopo una sua pretesa di giocare dalle 2 alle 4 di notte, sbottavo sfogando anche tutto quel non detto. è stato lì che ho capito che non posso evitare i suoi pianti di protesta, né impedirle di provare rabbia. ma ciò non significa che devo dimenticare il rispetto reciproco, né che devo annullare la mia personalità.
credo che, superati i preconcetti e le frasi automatiche che a volte escono dalle nostre bocche solo perché li abbiamo tanto sentiti durante la nostra infanzia, cioé una volta lavorato su questo, rimanga una soglia assolutamente personale di tolleranza di un comportamento, che varia da genitore a genitore. es. io non sopporto che mia figlia mi chieda di giocare con lei e poi mi ordini come giocare e cosa far fare e dire ai personaggi. se gioco con lei, gioco come mi viene, non a comando. altri gemitori lo fanno volentieri. invece che corra nel fango o si rotoli nei giardinetti non mi disturba minimamente, mentre vedo genitori veramente toccati da questo comportamento.
a casa di altri valgono le regole degli altri, nel senso che se so che al padrone di casa da fastidio una certa cosa, la faccio notare a joanna, altrimenti lascio fare. abbiamo amici molto "come noi", per cui le regole di casa nostra difficilmente sono diverse dai posti che frequentiamo.
insomma, credo che ogni mamma si ponga queste domande, poi proseguendo nell'ascolto del proprio bambino, osservandolo bene, conoscendolo sempre più e non smettendo di ascoltare se stessi e anche i propri bisogni, piano piano si trovi la via di mezzo giusta alla famiglia.
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alea
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Messaggio da alea » dom gen 15, 2006 7:23 pm

In effetti anche per me il problema principale è il mio vissuto, solo che è l'opposto del tuo: sono stata cresciuta con un grande senso del dovere e della disciplina, di ciò che si deve fare e di ciò che non si può fare - e, se questo da un lato mi ha portato, dall'adolescenza all'età adulta, a ribellioni più o meno grandi e dolorose, a scontri continui soprattutto con mia madre, dall'altro mi ha inculcato una disciplina così ferrea e autoimposta rispetto alla quale fatico molto a derogare, unitamente a una predisposizione al senso di colpa. Si comprende bene che non è questo capestro che vorrei trasmettere a mio figlio...
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virgola
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Messaggio da virgola » gio gen 19, 2006 1:19 pm

torno alla questione specifica del seggiolone e del nido, perchè è un problema che sentiamo anche noi. Alice va al nido da settembre (ora ha 20 mesi) e si tratta di un ottimo nido con ottime educatrici (davvero, ci è andata bene). Lei si è "inserita" splendidamente. La contropartita del suo inserimento "facile", ovviamente, le educatrici l'hanno scoperta presto: è la bambina più selvaggia e casinista del nido (con un po' di orgoglio dei genitori). Quindi, da parte loro, è arrivata anche qualche "lamentela", in forma di suggerimento: è l'unica che quando si mangia va in giro, sale in piedi sulla sedia, quando si gioca ad un gioco tutti insieme lei si stanca subito e va in giro a fare altro. Beh, a me ha dato un po' fastidio: non pretendo assolutamente che al nido ci siano le stesse regole che a casa mia (lì poi in effetti c'è un rapporto 1 a 6), però non è compito mio insegnare ad Alice a rispettare le regole del nido. Per esempio, se mia figlia si mette a giocare con le costruzioni e si stanca subito mica cerco di farla tornare alle costruzioni. Se al nido, vuoi per diversa visione del mondo, vuoi perchè ci sono tanti bambini, si vuole fare così lo si faccia, ma non si pretenda il mio aiuto tramite i comportamenti che ho io a casa. Idem sul seggiolone, anche se un pochino noi cerchiamo di farla stare seduta (con successo altalenante, forse perchè non siamo molto convinti).
Con questo vorrei dire che secondo me è "formativo" imparare che ci sono regole diverse in posti diverse, anche in tenera età. Dopotutto, nel mondo di regole anche assurde e crudeli ce ne sono fin troppe, non è giusto nasconderle. L'errore che fanno molti genitori è che, per non nasconderle, le fanno proprie: siccome da adulti non si può andare in giro nudi, allora nelle spiagge si mette il costume ai bambini anche piccolissimi (sono ancora stupito da quanti ne ho visti quest'estate); siccome a casa di tizio a mia figlia verrà proibito di scrivere sui muri, devo impedirglielo anche a casa mia (ma non è più bello insegnargli che nella sua cameretta può farlo, mentre a casa d'altri deve scontrarsi con quello che vogliono gli altri?), ecc. ecc.

Emy
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Messaggio da Emy » gio gen 19, 2006 3:10 pm

La via di mezzo credo sia non avere regole e non avere anarchia :-) cioè non farne proprio una questione in questi termini.
Cioè per me la parola " Regola" è statica, se c'è la regola c'è sempre l'eccezione alla regola o il trasgredire la regola...ti si pongono quindi davanti alcune rigidità del dover scegliere.
Invece c'è piuttosto il rispetto per gli altri e per sè stessi, che ti porta a non rubare, a non rovinare le cose, a seguire dei comportamenti sociali che nella vita di tutti i giorni passano automaticamente dai genitori ai figli.

Se mia figlia non si mette in fila a scuola con gli altri bimbi(un esempio a caso, però non è mai successo credo) le posso spiegare che la è una necessità per la maestra aver tutti i bimbi disposti in modo ordinato, per poter essere tranquilla che nessuno si perda, o si faccia male....tutto ciò si trasforma in una regola, ma in principio non lo è.
Comunque credo che se si parla di bimbi piccoli, certe regole comunitarie siano più difficili da seguire.

Se mio figlio sale sul tavolo, io a seconda del momento posso essere disposta a seguirlo o meno, quindi ci può stare o meno, a seconda dell'età etcma non c'è la regola.

Forse mi appello ad una differenza di terminologia, eppure dal punto di vista pratico questa cosa cambia molto il mio atteggiamento verso le cose o le situazioni, salto un passaggio ed arrivo dritta alla necessità.

Per il rimanere seduti a tavola, posso chiedere ai miei figli che ci piacerebbe che rimanessero a farci compagnia, ma non mi piace costringerli, anche perchè così ci gustiamo un po' di dialogo io e mio marito.

Però non so...i miei figli hanno sempre fatto molta attenzione alle regole della comunità, almeno credo...
Forse per un periodo ho cominciato a dare delle regole, e in concomitanza il piccolo ha cominciato a trasgredirle....forse tutto dipende da come ci si pone...

alea
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Messaggio da alea » gio gen 19, 2006 5:48 pm

Non sono così convinta sul "non avere regole": se una volta posso salire sul tavolo e l'altra no, come faccio a capire perché e a distinguere quando? Detto questo, naturalmente credo anch'io che la flessibilità sia necessaria, ma forse più in altri termini: ad esempio, per ciò che non ha molta importanza (e dunque non esige "regole") o per ciò che è soggetto a variazione, come dice Virgola. Nostro figlio, ad esempio, con me è dolce e tranquillo, con la tata è scatenato, lancia oggetti, urla sempre: rispetto le due modalità diverse di rapporto.
Alessandra

Antonella Sagone
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Messaggio da Antonella Sagone » gio gen 19, 2006 6:29 pm

alea ha scritto:Non sono così convinta sul "non avere regole": se una volta posso salire sul tavolo e l'altra no, come faccio a capire perché e a distinguere quando?
credo che il punto nno sia questo. le regole possono essere più o meno flessibili, elastiche, questo dimende da quanto queste esigenze e questi limiti sono un bisogno forte e non derogabile nella famiglia. Non ha a che fare con la capacità del bambino di capire come una regola si adatta al contesto.
perchè noi esseri umani non apprendiamo per rinforzo e punizione, come ci hanno fatto credere i "behavioristi": apprendiamo proprio attraverso la mediazione sociale di chi ci sta accanto e ci accompagna alla scoperta del mondo.
Questo è un dato di fatto che nasce da decenni di studi osservazionali e anche dalle più recenti ricerche che utilizzano la tecnica delle neuroimmagini per "guardare nella testa" di chi sta pensando.

Quando il bambino si imbatte in una cosa nuova, non guarda la cosa: guarda la mamma (o un altro adulto) che sta guardando quella cosa. Si regola sugli altri.
è attraverso l'osservazione dell'ambiente e degli eventi attraverso gli occhi degli adulti, che il bambino impara come regolarsi con le cose del mondo.
Se così non fosse, il bambino non potrebbe imparare a parlare, dato che il linguaggio è un bel pasticcio se lo vedi dal punto di vista della coerenza: la stessa parola, usata in situazioni e con toni diversi, vuol dire cose completamente diverse, e la stessa cosa può essere chiamata e descritta con 1000 diverse parole... eppure i bambini si raccapezzano in questo pasticcio e riescono (salvo a volte buffi episodi di equivoco!) a comprendere e utilizzare le parole in modo appropriato...
perché quando un adulto pronuncia una parola di fronte a un oggetto, il bambino guarda l'adulto. Così comprende in che modo quella parola va usata rispetto all'oggetto.
I bambini autistici hanno proprio questa disfunzione: non riescono ad effettuare l'apprendimento sociale. Loro associano la parola all'oggetto, la regola alla situazione, senza guardare le persone accanto a loro, il modo in cui reagiscono alla parola o alla regola. E così spesso hanno gravi ritardi del linguaggio o del comportamento, sembrano non comprendere le regole o le parole, anche se alla fine possono arrivarci lo stesso, ma con molta fatica!

Questo è un tema molto interessante, si potrebbe parlarne per ore. basti dire: non sottovalutate la capacità del bambino piccolo di apprendere concetti complessi, è nella nostra natura...
Più le regole che gli mostriamo sono naturali e realmente connesse ai nostri bisogni e ai nostri sentimenti, più è facile per il bambino apprenderle, mentre una regola rigida e immutabile... il bambino può imparare ad obbedirle, ma non sarà capace di trasferire questa regola in situazioni simili o ampliarne i confini, o discriminare quando occorre fare eccezione alla regola... quindi gli sarà molto meno utile nella vita.
Antonella

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Messaggio da alea » gio gen 19, 2006 7:37 pm

Antonella Sagone ha scritto:credo che il punto nno sia questo. le regole possono essere più o meno flessibili, elastiche, questo dimende da quanto queste esigenze e questi limiti sono un bisogno forte e non derogabile nella famiglia. Non ha a che fare con la capacità del bambino di capire come una regola si adatta al contesto.
Mi riferivo molto semplicemente all'esempio di Emy (e altri analoghi, che si potrebbero addurre): mio figlio può stare sul tavolo a seconda del momento e della mia disponibilità a seguirlo. Lui deve dunque indovinare se io ho voglia o tempo di controllarlo, visto che a diciotto mesi è probabile che non sia in grado di farlo da solo? Se una volta lo lascio salire e la volta seguente glielo proibisco, che messaggio gli sto inviando? Sto ragionando sul qui e ora: è ovvio che quando avrà diciotto anni, anziché diciotto mesi, il discorso sarà diverso...
Insisto su questo punto perché è qui che mi sento carente: in effetti, a volte mi capita di essere più paziente rispetto a situazioni (in genere innocue, ma fastidiose: ad esempio, quando a casa di altri vuole aprire cassetti, butta per terra telecomandi o altri oggetti fragili - che pur starebbero bene distrutti ...) che altre volte non riesco a tollerare, per cui finisco per reagire male, sgridandolo o alzando la voce.
Alessandra

Emy
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Messaggio da Emy » gio gen 19, 2006 9:51 pm

Cioè non è che pretendo che non si arrabbi...ma la realtà è quella.
Sul tavolo senza me vicino preferisco che non ci salga....non è pericoloso salire sul tavolo, come ad esempio è pericoloso toccare le pentole che scottano, perciò posso tollerare la sua presenza sul tavolo in misura alla mia disponibilità, e anche a ciò che intende farci là sopra, (se ci vuole correre non mi sembra il caso)
Non si tratta di domani si oggi no a seconda del mio estro, ma di difficoltà oggettive, o bisogni. Se sono particolarmente stanca piuttosto mi offro come lettrice di libri.
Non pretendo che lui non ci provi a salire, non pretendo nemmeno che non si arrabbi se lo tiro giù...quindi non deve indovinare un bel niente, però piano piano può capire la situazione e se è il caso o meno di fare una certa cosa..

Non sto dicendo che non devono essere contenuti, ma semplicemente che le "regole" sono insite nei normali comportamenti quotidiani, e a seconda delle situazioni vengono adattate.
Così come tali non posso più chiamarle regole, visto che nel mio immaginario sono recepite come qualcosa di rigido.

All'interno della famiglia sono le regole che vengono adattate dalle persone mentre fuori sono le persone che si adattano alle regole.

Il fatto è che io stessa avrei seri problemi a ricordarmi quali regole ho definito, e quando dovrei applicarle più o meno approssimatamente.

Se io ho paura che si scotti con le pentole gli dirò che non si toccano altrimenti si scotta, in un altra situazione analoga con la pentola sul fornello non acceso, potrebbe, toccando scoprire che non scotta.
a quel punto salta il palco?...no semplicemente in un caso il fornello era acceso e in un altro no, se non è acceso dico che si può toccare, altrimentii dico che scotta.
Io voglio essere sincera ed andare veramente incontro al loro bisogno di esplorare, ciò comporta anche la osservazione di tutte le sfaccettature che la vita offre, e probabilmente loro potranno riconoscere il tono della mia voce che è veramente indice di un pericolo rispetto al tono diverso, col tempo riusciranno a riconoscere da soli i segnali di una situazione di pericolo, io nel frattempo allenterò il mio "margine di sicurezza" piano piano anche se non lo lascerò mai del tutto, se non quando sono molto più grandi.

virgola
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Messaggio da virgola » ven gen 20, 2006 9:12 am

Emy ha scritto:La via di mezzo credo sia non avere regole e non avere anarchia :-) cioè non farne proprio una questione in questi termini.
"L'anarchia è ordine, il governo è guerra civile" (Anselme Bellegarrigue)...

E' davvero complessa tutta questa faccenda delle regole. A volte, sono tentato di prenderla molto alla leggera, perchè ho il sospetto che qui il linguaggio finisca per condizionare pesantemente i nostri comportamenti. Cioè, una madre di cent'anni fa, magari analfabeta, che mezzi poteva avere per concettualizzare la "regola", l'"anarchia", l'"educazione"? Eppure riusciva a far capire che il pentolino scotta senza porsi il problema di essere o meno repressiva. Però, il pentolino è uno dei problemi più semplici in questo caso. Nei casi più complessi, cioè quelli in cui la regola è "sociale" e artificiale (è qualcosa di più del riconoscimento delle leggi della fisica e della chimica, tanto per intenderci), penso che abbiamo il compito, come genitori, di insegnare (o meglio, di mostrare) che cosa la società, nei diversi contesti, si aspetta da noi, che cosa noi accettiamo condividendolo profondamente e che cosa accettiamo per altri motivi (paura, ipocrisia, quieto vivere, rispetto delle opinioni della maggioranza, indifferenza, tolleranza, ecc.). Già qui la faccenda è un casino. In più, consideriamo che c'è un elemento dialettico dato dal fatto che anche noi impariamo e veniamo cambiati da questo processo, spesso imparando letteralmente dalle nostre figlie/i.
Faccio un altro esempio relativo al nido. QUando ci hanno invitato a insegnarle la "postura corretta" sul seggiolone, ci hanno anche esortato a spingere maggiormente a farle usare il cucchiaio per mangiare. Abbiamo lì scoperto che, sebbene nostra figlia sapesse usare benino lo strumento già da mesi e lo usasse a casa proprio perchè glielo avevamo sempre proposto come un gioco e mai imposto, al nido preferiva usare le mani. Motivazione dell'invito dell'educatrice: sapete, al nido noi tolleriamo tranquillamente questa cosa, non pretendiamo nulla, ma quando andranno alla materna lì lo considereranno acquisito, anche se in effetti non c'è nulla di male nel mangiare con le mani, neppure per gli adulti.
alea ha scritto:Mi preoccupa il fatto che presto o tardi sarà necessario assumere certi comportamenti indispensabili (anche se non graditi) per la convivenza, ad esempio a scuola: perché non cominciare con gradualità?
Alessandra
Rispetto al mangiare con le mani, l'educatrice era più libertaria di noi, che non ci eravamo mai posti il fatto che l'uso delle posate sia - effettivamente - poco più che convenzionale. Però lei si faceva prendere da un'eccessiva ansia, per così dire, rispetto a regole future da lei non dipendenti. Detto in soldoni, secondo me si tratta di problemi che dovranno affrontare le insegnanti della materna fra due anni, la cosa riguarda ben poco noi o le maestre d'asilo. Perchè non cominciare con gradualità? Nel caso in cui non si condivida del tutto una modalità (come le posate), perchè farlo? Vorrei fare un paragone con l'allattamento. Perchè non iniziare a togliere la tetta a 3 anni - che so - anche se fisiologicamente non c'è nulla di male a prenderla a 4, solo perchè prima o poi prenderla davvero non sarà "sano"? E allora, perchè non a 2? Perchè non a 1? Perchè non cominciare subito con il biberon?
Naturalmente, quando sembra il momento opportuno, è giusto offrire i cibi solidi, così come è giusto offrire le posate.

Emy
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Messaggio da Emy » ven gen 20, 2006 9:59 am

Non sempre siamo noi i responsabili di ogni cambiamento....mio figlio che ha 14 mesi, desidera avere a disposizione anche le posate, inizia la pappa con quelle e finisce con le mani, ma ogni volta è suo desiderio emulare il resto della famiglia, è probabile che se gliele imponessi magari lui si impegnerebbe di più ad usarle, oppure si rifiuterebbe totalmente, ma io so che per ora non mi cambia nulla a lasciarlo scegliere da solo, so che ora dei tre anni avrà capito che è più conveniente usare le posate e non doversi ogni volta sporcare le mani e sentirsi richiamare dalla mamma per pulirsele.
Non avrebbe senso che glielo imponessi, visto che comunque è suo desiderio emularci.

I bambini (piccoli)non capiscono principalmente, perchè le cose gliele si spiega a parole (nonostante si faccia anche questo) , ma perchè li si pone davanti all'esperienza del calore che emana la pentola, a volte possono toccare qualcosa che scotta realmente ...(ma non così tanto da lasciare danni) e capiscono cosa vuol dire "scotta".
In futuro non ci si può aspettare che non provino anche altre cose, nonostante gli si dica "scotta" ma probabilmente saranno più prudenti aspetteranno di vedere che fa il genitore.

UN tempo c'era più la cultura "che si faccia le ossa" che io condivido pur non con le esagerazioni e con i "traumi" che non mancavano..tipo di buttarli in acqua per insegnar loro a nuotare...Quindi una madre aveva continuamente modo di far sperimentare il fuoco, il calore etc.

Adesso si tende ad avere paura di quel minimo rischio che le mamme in cuor loro calcolano, e quindi "è sempre meglio evitare"...."non si sa mai"
Come dire "non ci fidiamo del tuo istinto, dei tuoi margini di sicurezza"
Questo mi faceva salire una rabbia dentro....

alea
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Messaggio da alea » ven gen 20, 2006 2:37 pm

Emy ha scritto:le "regole" sono insite nei normali comportamenti quotidiani, e a seconda delle situazioni vengono adattate.
Così come tali non posso più chiamarle regole, visto che nel mio immaginario sono recepite come qualcosa di rigido.
Io invece intendevo riferirmi proprio a quelle che tu chiami "regole" fra virgolette, cioè a quelle indicazioni di comportamento che ci si ritrova a dare quotidianamente, verbalmente o con l'esempio: forse "regole" è un'espressione sbagliata, troppo forte.
virgola ha scritto:Cioè, una madre di cent'anni fa, magari analfabeta, che mezzi poteva avere per concettualizzare la "regola", l'"anarchia", l'"educazione"? Eppure riusciva a far capire che il pentolino scotta senza porsi il problema di essere o meno repressiva.
In generale, cent'anni esistevano una compattezza sociale e un insieme di valori condivisi che probabilmente costituivano un sistema di riferimento certo, conformandosi al quale il proprio comportamento risultava automaticamente giustificato. Oggi la situazione mi sembra un po' diversa per tutti. In ogni caso, purtroppo sono soggetta ai tarli del pensiero critico e non posso fare a meno di interrogarmi anche sul fare.
virgola ha scritto:Vorrei fare un paragone con l'allattamento. Perchè non iniziare a togliere la tetta a 3 anni - che so - anche se fisiologicamente non c'è nulla di male a prenderla a 4, solo perchè prima o poi prenderla davvero non sarà "sano"? E allora, perchè non a 2? Perchè non a 1? Perchè non cominciare subito con il biberon?
Qui ho ingenerato un equivoco involontariamente. Non intendevo dire che, poiché a sei anni dovranno stare seduti tutta la mattina in classe, è giusto insegnarglielo per gradi, magari a partire da un anno! Non mi riferivo a un preciso schema di comportamento riferito a un caso particolare, ma all'atteggiamento generale da tenere nei confronti dei bimbi. In sintesi, mi capita di vedere bambini lasciati liberi di scorrazzare e distruggere qualsiasi cosa anche a casa di altre persone (una coppia di nostri amici ne ha due così), senza che i genitori intervengano. L'atteggiamento che io tengo invece con Federico, sin da quando ha cominciato a muoversi e ad essere attivo, è impostato sul fargli capire quando non mi va che faccia una determinata cosa, con più fermezza se è proprio pericolosa. Evidentemente non si tratta proprio di indicazioni normative ben precise (cioè regole vere e proprie, come mi pare sia stato inteso il termine, che ho usato in contrapposizione ad "anarchia" solo per brevità e incisività), rispetto alle quali non si possa derogare o il cui mancato rispetto implichi chissà quale conseguenza... Resta il fatto che, se in capo a una giornata i comportamenti che in qualche modo vengono "ripresi" sono tanti, mi sembra che il tutto assuma un aspetto di "regolamentazione" inevitabile: non giocare nel water, non estrarre tutto dai cassetti, non martellare il pianoforte, non buttare il cibo dal seggiolone... Ecco, la misura che non so calibrare, e rispetto a cui mi sembra di non saper decidere in modo equilibrato, è quella di questi piccoli divieti: ho paura di essere un genitore che finisce per limitare la voglia di sperimentare, giocare, esprimersi di suo figlio. Voi come vi comportate, in questo senso, nella quotidianità?

emy ha scritto:I bambini (piccoli)non capiscono principalmente, perchè le cose gliele si spiega a parole (nonostante si faccia anche questo) , ma perchè li si pone davanti all'esperienza del calore che emana la pentola, a volte possono toccare qualcosa che scotta realmente ...(ma non così tanto da lasciare danni) e capiscono cosa vuol dire "scotta".
In effetti, in questo genere di situazioni preferisco questa strada (per il pentolino, ho fatto proprio così).

Grazie per gli spunti di riflessione che mi state dando

Alessandra

Emy
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Messaggio da Emy » ven gen 20, 2006 3:26 pm

Nella quotidianità per quello che è possibile, posso cercare di creare dei limiti fisici...mio figlio si era fissato nel voler toccare mouse e tastiera, saliva sul divano, e premeva i tasti, ho bloccato il computer, perchè non so come riusciva sempre a creare dei gran casini.
Però anche così batteva sulla tastiera, prima piano, però a volte soprattutto se si sentiva scoperto, batteva più forte, poi la tirava rischiando di farla cadere...in attesa di una tastiera rotta su cui battere tutte le volte che si vuole, ho allontanato il divano dal mobile cosicchè non riesca proprio ad arrivarci. Quando ci arriverà, forse sarà un po' più grande e riuscirà a capire qualche differenza in più, così proverò a farlo battere le lettere e spiegargli a cosa serve.
E' per un periodo, poi piano piano rimetterò come era prima.
Questo per avere meno piani di scontro, per poter così concentrarsi su poche cose alla volta, il videoregistratore, ha giochicchiato un po' con me accanto, tirando fuori la cassetta e spingendola dentro, ora non lo guarda neanche più.

Ovviamente sarà più interessato alle cose che uso anche io.

A volte mi domando se penso sia più importante fare in modo che capisca l'uso delle cose, oppure che "obbedisca".
perchè in realtà non è necessario convincerli che abbiamo ragione, basta muovere il mondo intrno a loro nella direzione in cui sappiamo debba andare.
E spesso non serve fare proprio niente.

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