Frutta secca, perché poca?

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danieletomasi
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Frutta secca, perché poca?

Messaggio da danieletomasi » mar mag 22, 2012 7:23 pm

Salve a tutti.
Ho letto in un articolo http://www.scienzavegetariana.it/nutriz ... o_veg.html che la frutta secca nell'alimentazione vegetariana e vegana sono presenti ma in quantità ridotte, e mi chiedevo perché le quantità devono essere limitate?
Ovviamente la questione riguarda l'assunzione e assimilazione del ferro.
Mi è venuto anche da chiedermi se i legumi secchi cotti perdano il ferro, visto che nell'articolo specifica che da crudi sono un'ottima fonte di ferro.
Grazie a chi risponderà, un saluto a tutti.

DT

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Cameli
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Re: Frutta secca, perché poca?

Messaggio da Cameli » mer mag 23, 2012 8:25 am

Ciao daniele,

la quantità ridotta della frutta secca da assumere quotidianamente riguarda anche il fatto che è molto calorica per cui esagerare con la quantità comporterebbe un'assunzione elevata di grassi.

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marco urbisci
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Re: Frutta secca, perché poca?

Messaggio da marco urbisci » mer mag 23, 2012 7:27 pm

Ciao Daniele… vorrei risponderti con precisione, ma spesso si usa il termine “frutta secca” per designare cibi diversi, talvolta la frutta essiccata (uvette, datteri, fichi, ecc.) e talvolta i semi oleosi (noci, mandorle, nocciole, ecc.). Così, al fine di evitare risposte incomplete, ho pensato di riportarti alcuni capitoli del mio libro (DEA-Dieta Energia Alta), nei quali sono contenute delle risposte a quanto chiedi (spero di non annoiarti con eccessive e superflue informazioni, ma eventualmente puoi sempre decidere di leggere solo quello che ti interessa!). Mentre per quanto riguarda la perdita di ferro nei legumi secchi cotti, ti posso dire che ho trovato (ricercando su internet) un capitolo che cita fonti scientifiche e che afferma che la perdita di ferro nei legumi, in particolare in un tipo di fagioli bianchi (“navy beans”) è del 32% (http://chestofbooks.com/food/science/Ex ... getab.html). Peraltro, i problemi relativi alla cottura dei legumi, e di tutti i cibi in generale, vanno ben al di là della perdita di sali minerali. Ho pensato quindi di riportarti (sempre dal libro) sia le ragioni (opinabili) per cui i legumi non siano da considerarsi il cibo ottimale per l’uomo, sia i danni derivanti dalla cottura. Insomma, ti propongo di leggere un po’ di dati, sperando di fare cosa gradita e di non annoiarti.

Per cominciare puoi scaricarti gratuitamente l’ebook “La Verità che non sai sul tuo cibo”, sul sito http://www.dietaenergiaalta.com, che ti informa sul perché è importante non eccedere con i cibi grassi (vegetali o animali che siano, crudi o cotti), e questo riferito ovviamente ai semi oleosi.

In questo secondo capitolo viene spiegato (in parte) perché è meglio evitare l’uso di frutta secca. Tieni presente che la concentrazione degli zuccheri può causare brusche impennate del valore glicemico, con parecchie spiacevoli conseguenze nel lungo termine. Di seguito, poi, gli altri capitoli.

Ciao e buona serata. :D
Marco Urbisci

COSA È MEGLIO EVITARE (da DEA-Dieta Energia Alta)

Oltre a tutti i cibi di cui si è già ampiamente trattato (carne e derivati, latte e derivati, pesce, uova, cereali e cibo spazzatura come dolci, patatine fritte, snack, bevande varie, fast food, caffè, tè, cioccolata, gelati, caramelle, ecc.), ecco alcuni altri alimenti da evitare:

1. Frutta secca. La frutta secca (intendendo con questo termine tutta la frutta che è stata sottoposta al processo di essiccazione, quindi uvetta, fichi, albicocche, datteri, ecc.) è stata privata del contenuto di acqua e quindi gli zuccheri si trovano in forma troppo concentrata. Inoltre la frutta secca provoca assuefazione ed è assai facile mangiarne in eccesso con conseguente formazione di gas intestinale e disturbi digestivi. Senza contare che essa si appiccica ai denti e favorisce la formazione di carie. Se abbiamo desiderio di frutta secca, ancora una volta la ragione è sempre la stessa: non abbiamo mangiato abbastanza frutta fresca. La frutta secca può essere considerata come un cibo di emergenza, quando la frutta fresca non sia disponibile. In questo caso la masticazione dovrebbe essere accuratissima, così come la successiva pulizia dei denti.

2. Frutta congelata. Il problema principale della frutta congelata, così come dei gelati (oltre agli altri ingredienti in essi contenuti), è che vengono ingeriti freddi, il che equivale a porre un sacchetto di ghiaccio nello stomaco: sicuramente causerà indigestione. Inoltre l’uso regolare di cibo freddo, congelato, può influire negativamente sullo stato della flora batterica intestinale e causare una deficienza di vitamina B12.

3. Olio. Ogni volta che consumiamo cibo raffinato, che non sia cioè ingerito nella forma in cui la natura lo ha predisposto come cibo per la nostra specie, ci allontaniamo automaticamente dalla salute. Gli oli, di qualsiasi natura essi siano (oliva, semi, cocco, ecc.), sono essenzialmente calorie vuote poiché, essendo stati privati della fibra (oltre che dei carboidrati, delle proteine, di alcune vitamine e sali minerali, di enzimi, ecc.), ciò che rimane è un prodotto squilibrato e frazionato, composto al 100% di grassi. È indubbiamente meglio consumare prodotti interi quali noci fresche, semi, avocado, olive, come fonti di grasso per i vari condimenti di insalata e altri piatti, in modo da mantenere intatto il loro corredo di macro e micronutrienti.

Molte persone pensano che consumando olio possano rimediare a problemi quali pelle secca, eczema, forfora, dolori articolari, ecc., che non sono in realtà causati da una sua mancanza. È bene ripetere ancora una volta che la soluzione ai vari problemi di salute non è mai quella di trattare o sopprimere i sintomi, bensì quella di rimuovere le causa. È meglio quindi aumentare il consumo di frutta e verdura cruda e ridurre l’assunzione di grassi e di tutti i cibi che non sono adatti all’uomo.

SEMI OLEOSI E ALTRI CIBI VEGETALI GRASSI

Per quanto riguarda i semi oleosi (noci, nocciole, mandorle, noci del Brasile, pistacchi, anacardi, semi di lino, di girasole, di sesamo, di zucca, ecc.) vale sempre il discorso per cui solo mangiandoli allo stato crudo possiamo ricavarne il massimo beneficio, in quanto i grassi e le proteine, contenute in eccesso in questi cibi, se riscaldati diventano cancerogeni. Il problema è che noci e semi non vengono in realtà quasi mai consumati crudi, perché per evitare che ammuffiscano vengono disidratati al forno a “basse” temperature spesso per giorni, in modo che si possano conservare a lungo.
Si tratta comunque di cibi che, sia crudi che disidratati o riscaldati, sono difficilmente digeribili per il loro altissimo contenuto di grassi, e che possono rimanere nell’intestino tenue per ore prima che la vescicola biliare secerna la bile con cui emulsionarli (scomporli).
Diverso è il discorso per i frutti grassi, come l’avocado e le olive, per esempio, che quando sono maturi sono ricchi in grassi facilmente digeribili, mentre la polpa del cocco lo è quando si trova nel suo stato gelatinoso, ma quando è matura e indurita è quasi impossibile da digerire.
Foglie verdi e altri vegetali, se freschi e crudi contengono una modesta percentuale di acidi grassi utilizzabili, mentre le crocifere (cavoli, broccoli, barbabietole, ecc.) contengono composti sulfurei indesiderabili.
E quindi i grassi non rientrano tra i cibi della nostra specie se non, occasionalmente e come complemento, una manciata di noci o altri semi oleosi, oppure un po’ di olive, o un po’ di avocado (non più di mezzo al giorno se non si consumano altri grassi).
In realtà il nostro cibo elettivo è rappresentato dai carboidrati semplici.

E I CIBI A BASE DI AMIDI?

I cibi a base di amidi possono essere suddivisi in 3 categorie: cereali (i semi delle piante), radici e tuberi, legumi.
Cereali: (Grano, riso, avena, segale, orzo, miglio, mais, ecc.). Molti uccelli si nutrono di cereali (la cui coltivazione si è sviluppata su scala più grande soltanto con l’inizio dell’agricoltura, quindi solo da circa 10000 anni nella storia evolutiva dell’uomo) e prendono il nome di granivori.
I cereali allo stato naturale, crudo, non possono essere digeriti dall’uomo e anche cotti richiedono un notevole sforzo digestivo per scomporre i carboidrati complessi in essi contenuti. Diversamente, gli uccelli possiedono un gozzo, ossia una borsa nel loro esofago, dove i grani ingeriti possono germogliare, diventando digeribili.
A causa del loro pesante contenuto amidaceo i cereali allo stato crudo, per esempio i chicchi di grano, ci intaserebbero anche se ne ingerissimo solo uno o due cucchiai, completi di guscio; e anche un cucchiaio di farina cruda di qualsiasi cereale produrrebbe lo stesso effetto, perché è troppo asciutta.
E così, anche se la maggior parte della razza umana attuale consuma cereali e amidi, dovremmo considerare questo cibo come non adatto per la nostra specie.
Infatti, allo stato naturale, non attrae il nostro occhio, non stuzzica il nostro olfatto né eccita il nostro palato, a differenza per esempio della frutta, il che sta a indicare che non eravamo granivori prima dell’uso del fuoco.
Radici e tuberi amidacei: gli animali designati a nutrirsi di tali cibi hanno proboscidi per scavare e dissotterrare, a differenza dell’uomo che, oltre a non essere anatomicamente attrezzato per il compito, non troverebbe sicuramente di suo gusto i cibi che si trovano sotto terra, solo alcuni dei quali possono essere digeriti.
Sebbene rape, patate, barbabietole, carote possano essere mangiate crude, la maggior parte delle volte esse vengono cucinate e se l’uomo si trovasse allo stato naturale, primitivo, senza apparati per la cottura né attrezzi adeguati per dissotterrarle, queste verdure, tra l’altro piene di terra, avrebbero ben poco fascino se comparate alla frutta, in ogni caso più facilmente fruibile.
Legumi: uccelli e maiali si nutrono di legumi, mentre per l’uomo questi, se crudi, non solo non sono gradevoli, ma sono addirittura tossici, a meno che non vengano consumati prima della maturazione, quindi come germogli, ma in ogni caso la loro composizione non sembra essere congeniale all’uomo.
I legumi vengono decantati per il loro alto contenuto proteico ma, come vedremo più avanti, questo non è un vantaggio per l’uomo ed inoltre, parimenti a carne, formaggi e uova, queste proteine sono ricche dell’aminoacido metionina, che contiene quantità eccessive di zolfo, che a sua volta è un minerale acidificante (e l’acidità deve essere neutralizzata dal calcio prelevato dallo scheletro). (12)
Inoltre la grande quantità di carboidrati, sommata all’alta percentuale di proteine (entrambi presenti nei legumi), complica la digestione provocando fermentazione dei primi, con sviluppo di gas, che è un’indicazione che la digestione è stata compromessa.
La mancanza di vitamina C, essenziale per l’uomo, fa di questo alimento un cibo scarsamente nutritivo.
Per riassumere, sembra che i cibi amidacei, di qualunque natura, non siano adatti all’uomo, perché oltre a non essere soddisfacenti da un punto di vista nutrizionale e a non costituire, nel loro stato naturale, fonte di attrazione per i nostri sensi (da un punto di vista visivo, olfattivo e gustativo), noi non abbiamo comunque abbastanza amilasi per digerirli. Infatti, possediamo solamente un po’ di ptialina nella saliva (più che altro sufficiente a digerire piccole quantità di amidi come quelli che si trovano nella frutta non completamente matura) e piccole quantità di amilasi pancreatica, per una limitata digestione degli amidi negli intestini.

LA COTTURA DEI CIBI

La cottura dei cibi presenta un indubbio, grande vantaggio: quello di rendere commestibili i cereali e altri alimenti non adatti all’uomo, come la carne e le patate, di modo che in condizioni dove egli non disponga del cibo a lui più appropriato (frutta, verdura e semi), possa comunque sopravvivere grazie ad essi.

Ma vi è un prezzo da pagare. Infatti, quando mangiamo gli alimenti crudi, questi dispongono dei propri enzimi digestivi, che svolgono un notevole ammontare di predigestione (ciò avviene nella parte superiore dello stomaco, prima che il sistema digestivo principale si metta al lavoro), alleviando così il sovraccarico ai danni del pancreas (che produce la dose principale di enzimi digestivi).

Quando invece mangiamo cibi cotti, la cottura ha distrutto tutti gli enzimi digestivi degli alimenti e così il pancreas è ampiamente penalizzato. Infatti, da un lato dovrà svolgere il lavoro che avrebbero dovuto svolgere gli enzimi digestivi degli alimenti introdotti, da un altro è obbligato a un super lavoro a causa delle trasformazioni che avvengono nei cibi stessi con la cottura e che li rendono più indigesti, e infine si ritrova a fare i conti con un tipo di alimenti la cui natura è diversa da quella del cibo per cui l’uomo è stato designato.

Ecco perché il pancreas si ipertrofizza e si ingrossa, accompagnato da cambiamenti anche nelle gonadi (le ovaia e i testicoli), nelle ghiandole surrenali (responsabili, tra l’altro, della regolazione della risposta allo stress), nella ghiandola pituitaria o ipofisi (che controlla le gonadi, le ghiandole surrenali e la tiroide) e nelle altre ghiandole esocrine (quelle che versano il loro secreto all’esterno del corpo, come le sudoripare, le lacrimali e le salivari). (16)

Inoltre la cottura rende i minerali contenuti nel cibo meno assimilabili, senza considerare che una parte di essi vengono gettati via insieme all’acqua di cottura.

Ma vediamo più dettagliatamente cosa accade ad un cibo quando esso subisce la cottura.

Come abbiamo già visto nel capitolo “Gli elementi nutritivi”, i nutrienti, che si trovano nei cibi che ingeriamo, sono: carboidrati, proteine, grassi, acqua, vitamine, sali minerali; ai quali si aggiungono enzimi, antiossidanti e fitonutrienti.

Ognuno di questi ha delle caratteristiche specifiche, che dipendono dalla loro composizione chimica e si comportano di conseguenza in modo diverso quando viene loro somministrato calore.

Analizziamone i diversi comportamenti, per capire cosa avviene nel nostro organismo in seguito alla loro ingestione dopo essere stati cotti.

CARBOIDRATI COTTI

I carboidrati amidacei (quindi i “carboidrati complessi”), sia che si tratti di cereali “integrali”, cioè che non hanno subito alcuna raffinazione, sia di quelli “raffinati”, ovvero dai cui chicchi sia stata decurtata la fibra (riso bianco e tutti i prodotti a base di farina bianca, tipo pasta, pane, focacce, pizze, biscotti, cracker, brioche, ecc.), necessitano della cottura, che trasformi l’amido presente in essi in carboidrati più semplici (maltosio, che è un disaccaride), fino ad arrivare al glucosio, lo zucchero (o carboidrato) più semplice che possa essere assorbito e assimilato dall’organismo.

Il problema è che la cottura causa la “caramellizzazione” di questi carboidrati complessi, cioè la fusione delle molecole degli amidi in una poltiglia collosa simile alla melassa. (A questo proposito è interessante rilevare, per comprendere meglio le difficoltà digestive, che amidi e “destrine” - altri carboidrati complessi presenti negli alimenti amidacei - sono i principali adesivi a base vegetale utilizzati per incollare la carta da parete).

Questa caramellizzazione, che avviene anche se non la vediamo, comporta una elevata risposta glicemica, con tutte le conseguenze che ne derivano (diabete, obesità, candida, fatica cronica, ecc.). Il livello di zucchero nel sangue, infatti, subisce una brusca impennata a seguito dell’ingestione dei carboidrati complessi cotti, in particolare di quelli raffinati, cioè a base di farina bianca, che sono stati privati della fibra originaria.

Continuando con la cottura si arriva a ottenere una carbonizzazione dei carboidrati (esempio classico: il toast che diventa nero perché troppo tostato), che è tossica e cancerogena.

Vi è anche un altro aspetto molto importante da considerare e cioè che i carboidrati complessi cotti, a differenza dei carboidrati semplici della frutta, non vengono solitamente consumati “da soli”, ma spesso accompagnati:

• da cibi grassi (pasta condita con olio o burro o formaggio; pane e formaggio; pane e salumi; focaccia, che contiene olio; pizza, con aggiunta di olio, di formaggi, di salumi, ecc.; cracker o grissini, contenenti strutto e/o altri grassi; snack vari con semi di sesamo, lino, girasole, ecc.),

• oppure da cibi zuccherini (pane e marmellata; pane e miele; pane e creme varie; muesli a base di cereali tostati, con frutta secca e semi vari; brioche; biscotti; snack vari con miele, frutta secca, dolcificanti vari, ecc.).
E queste combinazioni alimentari complicano ulteriormente la digestione dei carboidrati, provocando la fermentazione di questi ultimi.

La conseguenza immediata della fermentazione dei carboidrati è lo sviluppo di gas, alcol e acido acetico. Da ricordare, a tale proposito, che l’alcol è un veleno protoplasmatico (il protoplasma è la sostanza di cui si compongono le cellule) che distrugge ogni cellula con cui viene a contatto. E l’acido acetico è anch’esso un veleno che, anche nella sua forma più diluita (in 19 parti di acqua diventa “aceto”), continua ad essere tossico.

Infine, vi è il problema non indifferente dell’acrilamide (o amido acrilico). Questa è una sostanza chimica che è stata scoperta da un ricercatore svedese nel 2002 e in seguito denunciata dall’autorità sanitaria svedese nello stesso anno.

L’acrilamide, o amido acrilico, è presente nei prodotti alimentari a base di amido, fritti, tostati e cotti al forno, a temperature pari o superiori a 120° e si è rivelata cancerogena in esperimenti condotti su animali. L’acrilamide sarebbe presente in patatine fritte, biscotti, corn-flakes, ma anche nel pane e nelle fette biscottate. “Secondo gli organismi sanitari internazionali, l'acrilamide sarebbe potenzialmente dannosa anche per l'uomo. Le concentrazioni già riscontrate dalla Svezia sono state confermate dalle analisi effettuate in diversi paesi su cibi a base di amido cotti ad alte temperature (fritti, tostati o cotti al forno), dimostrando implicitamente che questo problema non conosce confini nazionali.”(17)

PROTEINE COTTE

Ecco, di seguito, una teoria molto interessante, sostenuta, tra gli altri, dal Dr. Douglas Graham, una delle massime autorità viventi della scuola igienista americana. (18)

Le proteine sono formate da catene di aminoacidi e non possono essere utilizzate dal nostro organismo se prima non vengono scisse in questi loro componenti di base. Esse, infatti, servono principalmente come fonte di aminoacidi, con i quali poi l’organismo umano produce le proprie proteine.

Quello che accade quando si cuociono i cibi proteici è che le proteine vengono “denaturate”, nel senso che gli aminoacidi si fondono insieme e danno luogo a composti che non possono essere scissi facilmente dagli enzimi presenti nel nostro corpo.

Nel migliore dei casi questi composti possono essere demoliti in “polipeptidi” - pezzi di proteine parzialmente scomposte - che vengono riconosciuti dal nostro organismo come invasori nemici, da attaccare, isolare ed eliminare attraverso i reni. Ma le cellule delle pareti dei reni non consentono un facile trasporto di queste sostanze, cosicché esse si accumulano e possono col tempo dare luogo a calcoli renali ed esaurimento della funzione renale.

Per spiegare meglio quanto avviene, immaginiamo di appallottolare una ciocca di capelli, che sono costituiti prevalentemente da proteine. Se la lasciamo andare, i capelli torneranno al loro stato naturale, ma se una volta appallottolati li poniamo a contatto col fuoco, essi si incolleranno tra loro e non potranno mai più tornare al loro stato originario, perché si sono creati dei nuovi legami che glielo impediscono.

La stessa cosa succede a un uovo che venga buttato su una padella a friggere: semplicemente cambia struttura chimica in modo irreversibile.

Ecco perché le proteine cotte sono spesso non solo inutili ma addirittura tossiche: esse possono dare luogo ad allergie, artrite e malattie autoimmuni. (Si definiscono "autoimmuni" le malattie causate da una reazione del sistema immunitario diretta contro qualche parte dello stesso organismo, mentre, in condizioni normali, tutto ciò che appartiene all’organismo è protetto da tale aggressione perché esiste il meccanismo della tolleranza immunitaria. Tale autoaggressione viene attribuita ad una sorta di "impazzimento" del sistema immunitario, che "perderebbe" la capacità di riconoscere le strutture dell'organismo in cui opera da quelle estranee e pericolose.)

GRASSI COTTI

La cottura dei grassi causa molteplici problemi, sia di salute che nutrizionali, in quanto, una volta scaldati, i grassi interferiscono con la respirazione cellulare, dando origine a cancro e malattie cardiache, e inoltre perdono le loro proprietà antiossidanti.

E, ancora, una volta cotti, i grassi irrancidiscono velocemente, diventando cancerogeni.

L’abitudine poi, di sottoporli a cotture particolarmente intense (arrostire, cuocere alla griglia, frittura prolungata, barbecue fino all’annerimento, ecc.) causa lo sviluppo di sostanze tossiche quali acroleina, idrocarburi, nitrosamine e benzopirene, uno dei più conosciuti agenti cancerogeni per l’uomo.

C’è ancora da aggiungere che l’industria alimentare ricorre spesso alla ”idrogenazione dei grassi”, per allungarne i tempi di conservazione e migliorare la consistenza del cibo, ma i grassi idrogenati ostruiscono le arterie e i capillari riducendo il trasporto di ossigeno verso ogni parte del nostro organismo. Ecco, a questo proposito, un interessante trafiletto (trattto dal sito http://www.disinformazione.it/margarina.htm):

“La margarina viene prodotta aggiungendo atomi di idrogeno alle molecole dei grassi per renderle più saturate, elevando il punto di fusione del grasso, in modo che rimanga solido a temperatura ambiente. Questo processo chiamato "idrogenazione", per innescare la reazione richiede la presenza di un catalizzatore metallico e temperature di circa 260°C. L'idrogenazione è diventata popolare in America perché questo olio non deperisce o diventa rancido così velocemente come gli oli normali e pertanto ha una durata maggiore. Potete lasciare un mattoncino di margarina sul tavolo per anni e non sarà intaccato da larve, insetti o roditori. La margarina è un non-cibo! Sembrerebbe che soltanto gli umani siano così pazzi da cibarsene. Dato che i grassi nella margarina sono parzialmente idrogenati, i produttori possono dichiarare che è un prodotto "polinsaturo" e vendercelo come cibo sano.”

Possiamo immaginare quanto difficile sia da “smaltire” un tale tipo di grasso, una volta che si trova nel nostro organismo? E i danni che produce?

Non credo!

Grassi parzialmente idrogenati si trovano anche nei prodotti da forno confezionati, nelle basi per dolci, negli oli per friggere, nelle patatine fritte, negli snack, in molti prodotti venduti nei fast-food, ecc..

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Mrika78
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Re: Frutta secca, perché poca?

Messaggio da Mrika78 » gio mag 24, 2012 9:33 am

Grazie Marco,
tutto ciò che scrivi è strabiliante :)
in attesa di comprare il tuo libro (ahimè, non sono consona agli acquisti su internet :( ) leggendo vari post sto iniziando ad intraprendere questa via
da poco tempo mangio frutta a colazione, negli spuntini e a pranzo, la sera almeno mezz'ora prima di cena...la quantità è ancora minima perchè il mio stomaco è di dimensione ridotta, ma cmq non mi sento stanca... inizio la cena con un'insalata mista e per il momento dopo mangio ancora qualcosa di cotto, anche se prevalentemente verdure (io mangio il minestrone anche ad agosto! :mrgreen: ) ...la mattina mangio cmq 3-5 noci, perchè non condisco niente con olio e l'avocado ad essere sincera non mi piace molto...possono andar bene?

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marco urbisci
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Re: Frutta secca, perché poca?

Messaggio da marco urbisci » gio mag 24, 2012 5:17 pm

Ciao Mrika78... devo dire che la suddivisione dei pasti e la sequenza sono quelle ottimali... l'unica cosa è che potresti correre il rischio di non mangiare abbastanza. Se questo, nei primi tempi, può giovare alla salute e darti una sensazione di energia, nel lungo termine ( e parlo di qualche settimana), potrebbe rivelare il rovescio della medaglia, cioè farti sentire stanca (perchè non introduci abbastanza carburante, visto che come hai detto il tuo stomaco si deve ancora abituare), o "forzarti" a mangiare cibo caloricamente denso (grassi o altro) per cercare di recuperare velocemente calorie. Quindi se ti verranno voglie improvvise di cibo sappi che la ragione potrebbe essere che non stai mangiando abbastanza frutta (la verdura è ipocalorica). Potresti risolvere in tal caso la situazione ricorrendo a qualche frullato di banane (mature, tigrate!) e acqua. Così è più facile introdurre frutta.

Per quanto riguarda le noci al mattino... di solito si dice che è meglio mangiarle alla sera, perchè di lunga e laboriosa digestione e quindi potresti ritrovarti con meno energia di quanta ne avresti, durante il giorno, se non le avessi mangiate. Ti consiglio comunque, se vuoi mangiarle alla mattina, di mangiarle dopo un pò che hai mangiato la frutta, non prima, così la frutta non fermenta in attesa che vengano digerite le noci. Un altro consiglio, oltre a quello di controllare che siano il più fresche possibili (meglio sarebbe mangiarle solo "in stagione"), è quello di lasciarle a bagno la sera prima, affinché si re-idratino.

Un abbraccio :D
Marco Urbisci

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Mrika78
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Re: Frutta secca, perché poca?

Messaggio da Mrika78 » ven mag 25, 2012 12:15 pm

grazie Marco,
mi sforzerò allora di mangiare l'avocado e limiterò il più possibile le noci :)
in effetti mi rendo conto che le quantità che mangio sono un po' poche, considerando che sono alta 1,70 x 50 kg e non faccio molto sport (più che altro delle belle camminate con i miei cani) quanto dovrei mangiare secondo te tra frutta e verdura?
e i frullati mi piacciono molto, solo che lavoro molto lontano da casa e non abbiamo nè locale cucina nè frigo: se dovessi farli e metterli in un thermos per berli durante la giornata? lo so che l'ideale è berli appena fatti, ma non ho alternative :(

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