Una domanda sulle basi scientifiche della dieta crudista

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fehu
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Una domanda sulle basi scientifiche della dieta crudista

Messaggio da fehu » mar nov 29, 2011 10:31 am

Nessuna provocazione solo curiosità

Ho letto tempo fa questo articolo
http://io9.com/5857914/cooked-food-give ... y-than-raw
Food that's heated over a fire is easier to digest and less likely to make you painfully ill — which is why cooking our meals has been considered healthier for millennia. But the growing raw food movement purports to offer healthier alternatives with food that's untouched by heat. Now it turns out that raw food may have unexpected drawbacks. New research suggests that cooking affects how much energy we get out of our food.

Researchers fed mice diets of sweet potatoes and meat, and varied the way the foodstuffs were prepared. What they found is that by cooking tubers and flesh, animals actually gain a significantly higher amount of energy from it, and the mice fed on cooked food got fatter.
Ho alcuni conoscenti crudisti, ma non li prendo in considerazione più di tanto perchè mi danno la sensazione che le loro scelte siano un po state forzate dallo stile di vita spirituale/newage che hanno assunto, e comunque sono solo in grado di dire "perchè è più sano" senza saper spiegare bene il perchè lo sia.
Mi è rimasta così la curiosità di quali reali basi scientifiche ci siano nella scelta crudista visto che i risultati di tutte le ricerche che ho fatto puntano nella direzione opposta.
Potete indicarmi qualche testo?

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marco urbisci
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Re: Una domanda sulle basi scientifiche della dieta crudista

Messaggio da marco urbisci » mar nov 29, 2011 6:59 pm

Ciao Fehu… molto bella la frase: “Nessuna provocazione solo curiosità”. Che bello che se tutte le comunicazioni fossero improntate su queste parole!

Cercherò di soddisfare al meglio le tue domande… ecco la mia opinione.

È indubbio che vi siano cibi che sono più digeribili, e quindi che forniscano maggiore energia, quando vengono cotti. Molto dipende infatti dalla natura del cibo. Mi spiego meglio: quando si parla di crudismo, ci si riferisce ad alimenti che non abbiano subito trattamento termico, ma non si fa differenziazione tra i vari tipi di crudismo. Esiste il crudismo onnivoro, vegetariano, vegano, frugivoro (frutta e foglie), fruttariano, e anche di qualche altro tipo. Per quanto riguarda i cereali, si argomenta che la cottura sia necessaria per renderli più digeribili e questo è vero per due ragioni: 1) perché è necessario che il calore rompa l’involucro di cellulosa che racchiude l’amido, cosicché i succhi digestivi possano agire sull’amido stesso e 2) perché il calore non distrugge solo gli enzimi naturali, ma anche quelli inibitori, che altrimenti impedirebbero l’azione degli enzimi pancreatici.

Nel mio libro DEA (Dieta Energia Alta), mi sono sentito di sposare la tesi che non contempla i cereali (come anche tutti i prodotti di origine animale, nonché i legumi e le verdure amidacee, patate comprese), come cibo elettivo per l’uomo, che trarrebbe invece il massimo giovamento in termini di digeribilità ed energia derivante dal cibo, preferibilmente da frutta e verdura tenera (quindi composti da fibre solubili, e non da quelle insolubili contenute nei cibi amidacei), consumata prevalentemente allo stato crudo. Quindi gli esperimenti accennati nell’articolo che hai riportato testimonierebbero il vero, ma solo perché si riferiscono a cibi non consoni alla natura umana (e poi sono stati eseguiti su animali). In altre parole ritengo che se le affermazioni che hai riportato sono valide per alcuni tipi di crudismo, potrebbero non esserlo per una dieta crudista frugivora o fruttariana.

Concordo con te sul fatto che molte spiegazioni del perché il cibo crudo sia meglio del cotto siano molto “new age” e prive di fondamento scientifico. Ve ne sono anche altre più scientifiche, anche se sono un po’ datate. Mi riferisco a quelle riportate sul libro “Henzymes for Health and Longevity”, scritto dal Dr Edward Howell, scaricabile gratuitamente a http://www.soilandhealth.org/02/0203CAT ... ibcat.html , dove puoi trovare anche “Henzyme nutrition: The Food Enzyme concept”, dello stesso autore.

Se però non hai voglia di leggere i due testi (in effetti, essendo molto particolareggiati richiederebbero un’alta dose di motivazione!), spero di fare cosa gradita riportando qui di seguito il capitolo riguardante gli enzimi, tratto dal mio libro.

Spero di esserti stato utile e … a presto.
Marco Urbisci

ENZIMI
(tratto dal libro DEA-Dieta Energia Alta)

Questo paragrafo è sicuramente particolareggiato, perché solo comprendendo l’importanza di questi micronutrienti, finora veramente sottovalutati nella loro incredibile importanza, si potrà acquisire la giusta motivazione a non volersene mai più privare. Solamente la conoscenza potrà renderci veramente liberi di scegliere la nostra sorte.

Soffermiamoci per un attimo a pensare, come esempio, all’incredibile tecnologia che permette a un jumbo-jet di sollevarsi dal suolo e sfrecciare nell’aria, perfettamente governato e monitorato grazie a tutti i suoi dispositivi elettronici, mentre i passeggeri, comodamente seduti, si apprestano a godersi l’ultimo film o a navigare in internet. Ebbene, l’aereo e tutti i suoi dispositivi vengono alimentati da carbonio e idrogeno, sotto forma di kerosene, contenuto nei suoi serbatoi.

Parimenti, alimentate da carbonio e idrogeno (contenuti nel cibo) che si combinano con l’ossigeno presente nell’atmosfera, sono le microscopiche cellule che compongono il nostro corpo, ognuna di esse mille volte più complesse di un jumbo-jet, responsabili dei processi chimici ed elettrici che hanno luogo nel cervello.

Pensiamo per esempio ai meravigliosi processi di pensiero e ai movimenti fisici di un acrobata, oppure di un musicista jazz che improvvisa un assolo. Pensieri, azioni, reazioni: come possono realizzarsi così velocemente, grazie alla coordinazione di miliardi di cellule?

ENZIMI! Sono essi che, con esatta precisione e incredibile velocità, rendono possibili ognuno degli infiniti processi che avvengono nel corpo e che richiedono energia senza il violento calore del fuoco, insopportabile per il nostro organismo.

Gli enzimi agiscono come “catalizzatori” (sostanze chimiche che accelerano le varie reazioni chimiche senza cambiare di forma e che possono influenzare altre sostanze chimiche a combinarsi e a cambiare a grande velocità). Gli enzimi rendono possibile il rilascio di energia e le operazioni dei processi metabolici in modo rapidissimo e rappresentano la chiave del mistero della vita stessa.

Ma, a differenza dei semplici catalizzatori, il cui stato rimane immutato e possono essere usati indefinitamente, gli enzimi si consumano gradualmente nello svolgere la loro funzione e devono essere rimpiazzati.

Sono prodotti dal corpo in infinite forme e combinazioni (i ricercatori ne hanno identificato più di 2700 differenti, in costante cambiamento e rinnovamento) e ognuno di loro esiste per una funzione specifica, non essendoci un solo processo – pensiero, digestione, movimento o crescita – che possa avvenire senza la loro attività.

Essi non sono solo necessari a mangiare, digerire e assorbire il cibo, ma anche per ricevere impulsi sensori, come ascoltare, vedere, annusare e gustare e sono necessari al nostro sangue e al sistema di coagulazione, alla funzione cardiovascolare, ai reni, al fegato e all’attività sessuale.

La vita, animale o vegetale, non può esistere in assenza di enzimi.

Gli enzimi assolvono a due funzioni separate, ma in parte coincidenti:

1. Il costante metabolismo che ha a che fare con il mantenimento dei tessuti e le funzioni generali del corpo.

2. La digestione del cibo.

È importante sapere che qualsiasi processo corporeo, riguardante pensiero, digestione, movimento o crescita, necessita di enzimi, senza i quali nessuna forma di vita, animale o vegetale, potrebbe esistere.

Il livello degli enzimi, a differenza di quello di vitamine e sali minerali, non rimane costante nel corso della vita, trovandosi essi in massima concentrazione in giovane età e declinando dopo la piena maturità, fino a quando il livello di enzimi diventa così basso che il metabolismo non può più procedere alla giusta velocità e sopraggiunge la morte.

L’attività enzimatica richiede la presenza di umidità e varia con temperatura e grado di acidità.

Sopra i 42°, gli enzimi cominciano a danneggiarsi e se il cibo crudo viene scaldato ad una temperatura di 48° - che, se ci pensiamo, è molto più bassa di quella che si raggiunge quando si cucina - per più di mezzora, essi vengono distrutti totalmente.

Infatti i cibi cotti si mantengono bene perché gli enzimi, che altrimenti lo decomporrebbero, sono stati distrutti con la cottura, e si decompongono solamente quando enzimi vivi sono introdotti dai vari microbi presenti nell’aria.

Similmente, i cibi refrigerati si mantengono bene (e quelli congelati si mantengono indefinitamente), perché gli enzimi sono stati inibiti dal freddo.

Anche i cibi disidratati si conservano indefinitamente, perché gli enzimi in essi contenuti non possono funzionare in assenza di umidità. E la stessa cosa avviene anche per i cibi in scatola, i cui enzimi sono stati distrutti dal calore prima della sigillatura nella scatola (barattolo, lattina), per evitare ulteriore contatto enzimatico.

I conservanti e gli additivi funzionano perché inibiscono gli enzimi e questa è la ragione per cui il cibo conservato è difficile da digerire.

Ne consegue che ogni volta che introduciamo nel nostro corpo cibi cotti, refrigerati, disidratati, conservati, addizionati, stiamo ingerendo alimenti privati degli enzimi, quindi privati della loro innata capacità di provvedere alla propria auto-digestione senza dovere ricorrere all’intervento extra di enzimi prodotti dal corpo.

Bisogna inoltre ricordare che tutti gli organismi viventi, animali o vegetali, sopravvivono solo grazie all’attività enzimatica e che alla morte vengono decomposti e ritornano alla terra sempre grazie all’attività enzimatica stessa.

La digestione e l’assimilazione del cibo richiedono che esso sia demolito nei componenti base mediante i quali può essere assorbito e utilizzato dal corpo. Si ottengono così: i singoli aminoacidi dalle proteine, gli zuccheri semplici dagli amidi, e acidi grassi e glicerolo dalla divisione dei grassi. Invece le vitamine e i sali minerali non subiscono alcuna ulteriore scomposizione bensì, dopo essere stati estratti dagli alimenti, vengono subito utilizzati o conservati dal nostro organismo.

Tutte queste azioni sono compiute da una dozzina di enzimi digestivi, alcuni contenuti nel cibo (se allo stato crudo), altri presenti nei succhi digestivi secreti dal pancreas o dalle cellule dei villi intestinali.

Ora, poiché il cibo cotto può essere digerito con apparente facilità, si ritiene che la cottura sia relativamente innocua, se non per la decurtazione parziale di alcuni alimenti nutritivi (vitamine, sali minerali ed enzimi, appunto). Ma gli enzimi contenuti nel cibo crudo, oltre che alleggerire il carico di lavoro del pancreas (evitandone la conseguente ipertrofizzazione), passano successivamente nella linfa e nel flusso sanguigno per aiutare la produzione di altri enzimi all’interno del corpo.

Mentre gli enzimi dei succhi digestivi del corpo, e anche i supplementi enzimatici, sono molto più forti di quelli contenuti nel cibo crudo, il consumo di cibo crudo stimola una secrezione di acido cloridrico più debole nello stomaco, di modo che gli enzimi del cibo possono lavorare più a lungo e con maggiore effetto prima di essere neutralizzati.

Poiché il contenuto enzimatico del cibo è proporzionale al suo contenuto calorico, ne consegue che mentre la verdura ne è piuttosto povera, la frutta ne è molto ricca (e infatti essa matura e si decompone velocemente al caldo, mentre la verdura avvizzisce).

Anche il cibo contenente proteine animali contiene apprezzabili quantità di enzimi, allo stato crudo (ma, come vedremo, ci sono ottime ragioni per sconsigliarne comunque l’uso).

Il Dott. Edward Howell (autore di “Enzymes for Health and Longevity”, uno dei più autorevoli testi riguardanti l’importanza dell’attività enzimatica) ha dimostrato sperimentalmente che è possibile che sostanze complesse (quindi non scomposte) come proteine e grassi vengano assorbiti direttamente dalla linfa e dal flusso sanguigno, ma che in questo caso esse vengono considerate estranee e quindi provocano risposte allergiche e leucocitosi (aumento dei globuli bianchi). Ma tali esperimenti hanno dimostrato anche che se nel sangue vi erano enzimi in quantità sufficiente, essi completavano la digestione di tali sostanze.


Per quanto riguarda i cereali, si argomenta che la cottura sia necessaria per renderli più digeribili e questo è vero per due ragioni: 1) perché è necessario che il calore rompa l’involucro di cellulosa che racchiude l’amido, cosicché i succhi digestivi possano agire sull’amido stesso e 2) perché il calore non distrugge solo gli enzimi naturali, ma anche quelli inibitori, che altrimenti impedirebbero l’azione degli enzimi pancreatici.

Però proprio i cereali, più di ogni altro cibo cotto, richiedono per la loro digestione talmente tanti altri enzimi digestivi supplementari, che il pancreas viene duramente sovraccaricato fino ad ingrossarsi, e l’ipertrofia di quest’organo diviene particolarmente marcata nelle persone che consumano grandi quantità di cereali cotti (riso incluso).

E se l’ingrossamento del pancreas (spesso accompagnata da modificazione delle gonadi, delle ghiandole surrenali e della pituitaria) può da taluni essere considerato come un desiderabile fenomeno di adattamento, il Dott. Howell fa notare che l’ipertrofia del pancreas, derivante da funzione eccessiva, è spesso seguita da atrofia ed esaurimento del medesimo, condizione riscontrabile in molte malattie terminali. Ecco perché, fra l’altro, un’alimentazione a base di cereali (di qualsiasi tipo) non può essere considerata ottimale.

L’argomentazione principale del Dott. Howell è che se la produzione di enzimi nel corpo viene eccessivamente sforzata durante la vita di una persona, è inevitabile che con l’avanzare degli anni il livello degli enzimi diminuirà prima di quanto dovrebbe, accelerando così degenerazione e vecchiaia.

Gli enzimi possono essere divisi in tre gruppi: 1) enzimi del cibo, 2) enzimi digestivi e 3) enzimi metabolici. Analizziamoli.

1) Enzimi del cibo: sono propri di ogni cibo crudo e ne aiutano la digestione ogni volta che il cibo stesso viene ingerito. Giusto a titolo di curiosità, essi includono:

- la proteasi, che si occupa di demolire le lunghe catene proteiche, dette polipeptidi (che si trovano in carne, uova, formaggi e noci) in catene più semplici di aminoacidi e poi in semplici aminoacidi;

- l’amilasi, che scinde i carboidrati complessi (cereali e derivati), nonché l’amido e i carboidrati che si trovano in patate, legumi e verdura, in disaccaridi (maltosio);

- la lipasi, che demolisce i grassi (trigliceridi) - che si trovano nei prodotti caseari (latte e derivati), semi oleosi, oli e carni - in acidi grassi liberi e glicerolo (glicerolo + acidi grassi = trigliceridi, o grassi alimentari);

- la lattasi, che scompone il lattosio (lo zucchero del latte);

- la cellulasi, che scompone i legami della fibra - che circonda la maggior parte delle sostanze nutritive che si trovano nelle piante - rendendole così disponibili e aumentando il valore nutrizionale di frutta e verdura.

2) Enzimi digestivi: come pepsina, chimotripsina, tripsina. Vengono prodotti nel corpo, principalmente nel pancreas e, in minor misura, nello stomaco e nell’intestino tenue. Essi demoliscono proteine, carboidrati e grassi in nutrienti utilizzabili. Ogni volta che mangiamo, il pancreas ne produce 22 differenti tipi.

Se il cibo non viene ingerito allo stato crudo, il corpo deve dipendere dai propri enzimi digestivi, mentre se il cibo è crudo il carico di lavoro del pancreas viene alleggerito.

3) Enzimi metabolici: mantengono in funzione i tessuti e gli organi del corpo, permettendoci di effettuare azioni come camminare e parlare. Essi prendono le proteine, i grassi e i carboidrati e li organizzano in modo da assolvere alle funzioni di riparazione di danni e decadimento, nonché di guarigione dalle malattie.

Quando ingeriamo il cibo, gli enzimi cominciano la loro opera di demolizione nella bocca, per digerire i carboidrati, mentre poi altri enzimi vengono rilasciati nel tratto digestivo. L’ultima demolizione avviene nell’intestino tenue per opera degli enzimi pancreatici.

Affinché la digestione avvenga correttamente è importante che i cibi ingeriti contengano sufficienti enzimi per aiutare il sistema digestivo, altrimenti, se la dieta ne è carente, si può manifestare una deficienza enzimatica che può causare seri problemi di salute.

Infatti se il corpo deve provvedere ad una maggiore fornitura di enzimi, a causa della carenza di enzimi del cibo, ecco che, nonostante ogni enzima abbia la propria funzione, si può verificare una richiesta di enzimi metabolici, che vengono così sottratti alle ghiandole e agli organi maggiori, tra cui anche il cervello.
La conseguenza è che mentre il pancreas si ingrossa per soddisfare la domanda di enzimi digestivi, il cervello può diminuire di volume e questa deficienza può affliggere anche il volume di fegato, cuore, pituitaria, tiroide e altre ghiandole endocrine.

Inoltre si verifica una scarsa digestione e un cattivo assorbimento, le cui conseguenze vanno dalla formazione di gas intestinale, indigestione e passaggio di cibo non digerito nelle feci, all’indebolimento del sistema immunitario, reazioni allergiche, problemi di pelle, difficile guarigione di ferite e repentini cambiamenti di umore.

Riassumendo, il problema è che la cottura distrugge quasi il 100% degli enzimi del cibo e così da un lato cresce la domanda di enzimi digestivi, con la conseguente ripercussione su pancreas, gonadi, surrenali e pituitaria, mentre dall’altro lato si verifica la sottrazione di enzimi metabolici, con conseguenti deficienze a carico di cervello, fegato, cuore, pituitaria, tiroide e ghiandole endocrine.

Se si aggiunge che anche la pastorizzazione - che è il processo tramite cui i prodotti caseari e i succhi di frutta vengono riscaldati per distruggere il batteri - distrugge pure tutti gli enzimi, abbiamo il quadro allarmante, ma realistico, della situazione.

La soluzione è introdurre cibi crudi, ricchi di enzimi, quali frutta e verdura allo stato naturale, quindi integra, fresca, cruda, matura, possibilmente biologica, con l’aggiunta opzionale di una minima quantità di semi. (8)

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Re: Una domanda sulle basi scientifiche della dieta crudista

Messaggio da Piri-piri » ven feb 20, 2015 12:41 pm

Ciao Marco,
quello che scrivi riguardo agli enzimi è molto interessante, ma come funziona esattamente il lavoro degli enzimi di frutta e verdura nello stomaco? Esempio: un cespo di lattuga viene tritato e abbandonato sul tavolo a temperatura ambiente... prima di putrefarsi ci metterà come minimo due giorni. Com'è possibile che gli stessi enzimi, nel processo digestivo, facciano lo stesso lavoro supponiamo in due ore?
Grazie
Piri

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marco urbisci
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Re: Una domanda sulle basi scientifiche della dieta crudista

Messaggio da marco urbisci » dom feb 22, 2015 4:19 pm

Ciao Piri-piri, le mie competenze non sono tali da risponderti specificamente, riguardo a come funziona il lavoro degli enzimi di frutta e verdura nello stomaco, per lo meno non più di quanto abbia fatto nella risposta precedente, in cui ho citato un passaggio del mio libro. Né, tantomeno, ho letto tali informazioni sui testi che ho usato per la stesura del mio libro. Posso solo ipotizzare che, una volta nel nostro sistema digestivo, tutti gli alimenti beneficino, oltre che dei propri enzimi (se tali alimenti vengono ingeriti allo stato crudo), anche degli enzimi digestivi del nostro organismo, così da “velocizzare” la demolizione del cibo stesso in nutrienti da utilizzare. Buona giornata :D
Marco Urbisci

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