Marchionne for ever?

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paolodegregorio
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Marchionne for ever?

Messaggio da paolodegregorio » sab gen 08, 2011 6:33 pm

- Marchionne for ever? -
di Paolo De Gregorio, 8 gennaio 2011

L’attuale “liberismo”, che nulla ha a che fare con i suoi padri teorici (Locke, Adam Smith, Keynes), e che normalmente si coniuga con libertà e democrazia, nella fase economica della “globalizzazione” ci sforna personaggi come Marchionne, che sono stati messi dal potere industriale nella condizione di annullare ogni conquista ed ogni ruolo della classe operaia.
La FIAT, pur essendo stata, per molti decenni, finanziata generosamente con fondi pubblici (praticamente il contrario del liberismo) è stata messa nella condizione di investire i profitti all’estero, di delocalizzare senza limiti la sua produzione, per poi alzare la voce e porre diktat e aut-aut in cui non si tratta più, ma si dice semplicemente: o si fa come dice la Fiat o si chiudono gli stabilimenti in Italia, ricordando anche che la produzione italiana oggi non dà profitti all’azienda.

Veramente strano questo liberismo, ormai appoggiato anche dai sindacati e dal cadavere della sinistra. Diciamo di essere in democrazia e l’unica libertà che hanno i lavoratori e quella di scegliere tra lo schiavismo e il licenziamento.

La politica ha lasciato campo libero allo strapotere industriale, non è più in grado di pretendere nulla dagli industriali, non tutela più i lavoratori italiani, ed è impensabile la ripresa economica con migliaia di industriali e di aziende italiane trasferitesi dove il costo del lavoro e più basso.
Questo abdicare della politica ad ogni impegno di governare l’economia si rivelerà disastroso e sicuramente la crisi e il declino dell’Italia diventeranno strutturali.

Se è vero che la competizione globale premia chi riesce a produrre a costi più bassi, non abbiamo futuro. Bisogna necessariamente pensare ad un nuovo modello di sviluppo che si basi sui consumi interni da soddisfare con prodotti fabbricati in Italia, e avviare almeno nei settori della energia e dell’agricoltura una profonda riconversione.
Riconversione che ci porti alla fine della dipendenza da petrolio e dal gas esteri, attraverso una completa solarizzazione dell’energia elettrica, da collegare ad un nuovo parco macchine elettriche, progettate, costruite in Italia, e a una agricoltura (biologica) sufficiente a soddisfare tutti i consumi degli italiani.
Chiamatela come volete, anche autarchia,ma da qui non si scappa: se si vogliono far lavorare gli italiani bisogna che la riconversione energetica e quella agricola siano protette dal “mercato” e avvengano con ricercatori, aziende, installatori, tutti italiani.

In questa fase storica i lavoratori non hanno un partito di riferimento con una strategia credibile, sono schiacciati da disoccupazione, precarietà, immigrazione e si sono messi a votare per la destra perché disperati e timorosi di perdere anche quel poco di lavoro rimasto, i sindacati sono ormai al servizio dei padroni e collaborano apertamente a far passare per positiva la schiavitù e la marginalità sociale.

Le élites economiche, bancarie, i proprietari di Tv e giornali, la massoneria, il Vaticano, la potente Comunione e Liberazione, si sono sostituite alla democrazia, manovrano apertamente e sottobanco senza una decente opposizione, in ogni settore della cosa pubblica, volgendola a favore di cricche, mafie, politicanti a loro asserviti.
Questa è la desolante realtà e non si vede alcuna organizzazione politica che abbia una forza ed una strategia antagonista.

Nel mondo ormai capitalismo e comunismo (cinese) parlano lo stesso linguaggio, entrambi hanno bisogno di masse di schiavi salariati da spremere fino al limite umano, gli USA sono in giro per il mondo a predare e la Cina a comprare tutte le materie prime di valore,
Vi sono strumenti tipo Fondo monetario internazionale e Banca mondiale che strozzano per debiti paesi deboli a cui tolgono ogni indipendenza e a cui sottraggono quei settori dove si possono far profitti, affiancati da una speculazione finanziaria internazionale sui certificati di debito pubblico che espone molti paesi anche europei al fallimento.

Come si vede non sembra peregrina l’idea di sottrarsi a questi meccanismi, uscire dall’Euro e da tutte le alleanze economiche e militari e tutelare il lavoro italiano e uno sviluppo possibile, sostenibile, senza il ricatto della immigrazione e di competitività esasperata.
Un altro mondo è possibile, diceva un vecchio slogan! Ora è anche indispensabile.

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