Piangere: sfogo salutare?
Inviato: mer dic 21, 2005 6:59 pm
vorrei aprire un topic dedicato alla questione del pianto. la discussione è nata dall'ultimo topic su Estivill, ma mi sembra valga la pena di stralciare una parte significativa dell'intervento di Cecia e di alcuni altri e partire da lì.
tutto è nato da una mia frase:
Antonella
tutto è nato da una mia frase:
a cui Cecia si è agganciata:Antonella ha scritto:E comunque, anche se non sto dicendo che si debba a tutti i costi impedire che il bambino pianga, non sono però dell'idea che un bambino debba essere lasciato piangere da solo, in modo calcolato, come suggeriscono Estivill e seguaci.
seguono alcune reazioni:cecia ha scritto:Volevo aggiungere ancora qualcosa sul "lasciar piangere": a me ha aiutato molto il libro di Aletha J. Solter (titolo inglese: The Aware Baby. A new approach to parenting) che descrive il pianto del neonato come "valvola di sfogo" per elaborare i traumi (piccoli e grandi) vissuti. Secondo l'autrice, il pianto è un canale emotivo importantissimo attraverso il quale i bimbi "rivivono" emozioni forti vissute finchè "si sono sfogati". Questa importante capacità di autoregolazione viene molto spesso inibita dal comportamento dei genitori che impediscono al bimbo di piangere, allattandolo, dandogli il ciuccetto, distraendolo, canticchiando, cercando di farlo sorridere ecc. Sempre secondo l'autrice questo comportamento fa perdere al bimbo questa sua grande capacità di "autoguarigione emotiva" rendendolo dipendente dall'attività / oggetto proposto come alternativa al pianto, ad esempio il ciuccio. Quindi, ogni volta che il bimbo avvertirà il bisogno di piangere imparerà che "si deve consolare" col ciuccio sopprimendo così il pianto liberatorio che lascerebbe libera l'emozione non elaborata (che può essere dolore, paura, tristezza,...) vissuta in precedenza.
In sostanza il comportamento consigliato in questo libro è quello di tenere il bimbo in braccio durante la crisi di pianto, di dargli tanta attenzione, di "ascoltarlo", finchè si sarà calmato da solo. Che è ben diverso dal lasciar piangere da solo nella sua cameretta.
Mi viene in mente adesso perchè l'autrice tra l'altro cita i famosi pianti da colica dei bimbi nei primi tre mesi di vita. Secondo lei non si tratta di coliche o di apparato nervoso non ancora sviluppato ma di pianti liberatori necessari, durante i quali il neonato elabora il trauma del parto.
Vi dirò di più: io con mio figlio ho cercato di comportarmi così. Non è facile, perchè tendenzialmente quando sentiamo un bimbo piangere facciamo di tutto per farlo smettere. Mi sentivo nel giusto, sapendo che mio figlio non stava soffrendo (naturalmente prima escludevo tutte le altre possibili cause di pianto) ed io ero con lui, lo ascoltavo, gli permettevo di sfogarsi. Fino a sei mesi, spesso mi si addormentava in braccio dopo una crisi di pianto. e non si svegliava ogni mezz'ora come prima. Per me era anche l'unica soluzione, visto che in quei momenti lì non voleva nemmeno la tetta.
andrea grasselli ha scritto:non c'è il rischio che anche il tenere il bimbo in braccio ostacoli la liberazione dell'emozione non elaborata?
io penso di no, che non la ostacola, ma non riesco a farmi chiarezza. non riesco a trovare in quale punto differisce il tenere in braccio il bimbo dal distrarlo.
Emy ha scritto:Io non cerco di distrarre , far ridere mio figlio unicamente per "non farlo piangere", è giusto che pianga , ma lo distraggo, lo faccio giocare, per esprimere la positività, l'andare avanti , il non fermarsi ad ogni piccolo dolore, tenerne conto si, ma cercare di andare avanti, per indicargli le priorità della vita, il saper ridere di sè stessi, il non abbattersi, la complicità, il trovare il positivo anche nel negativo.
E per i neonati, a mio parere, più piccoli sono e più immediate sono le espressioni di disagio, quindi se piangono, qualcosa li disturba in quel momento, non reggono più di tanto la tensione
voi che ne pensate?Gio ha scritto:Non lo so, sarà stato il post partum, ma per me era una vera sofferenza sentirla piangere, mi dispiaceva per lei e, contemporaneamente, non lo sopportavo. Me la legavo addosso con la fascia lunga e le davo il ciuccio, lei in max 3 minuti si addormentava in questo modo ... col passare dei mesi mi sono accorta che i suoi erano proprio "pianti per stanchezza" e che aveva solo bisogno di dormire. (...)Forse l'ho patito tanto perchè ero abituata con Francesco che, nella tetta, aveva la sua panacea per tutti i mali, per lui la soluzione è sempre stata: "pianto-tetta-nanna" per lei non è così, lei ha bisogno di essere portata a passeggio, di essere "mossa" per calmarsi, possibilmente, addosso a me, e per lei la tetta significa cibo, contatto, tenerezze, ma non nanna.
Antonella