Piangere: sfogo salutare?

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Antonella Sagone
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Piangere: sfogo salutare?

Messaggio da Antonella Sagone » mer dic 21, 2005 6:59 pm

vorrei aprire un topic dedicato alla questione del pianto. la discussione è nata dall'ultimo topic su Estivill, ma mi sembra valga la pena di stralciare una parte significativa dell'intervento di Cecia e di alcuni altri e partire da lì.

tutto è nato da una mia frase:
Antonella ha scritto:E comunque, anche se non sto dicendo che si debba a tutti i costi impedire che il bambino pianga, non sono però dell'idea che un bambino debba essere lasciato piangere da solo, in modo calcolato, come suggeriscono Estivill e seguaci.
a cui Cecia si è agganciata:
cecia ha scritto:Volevo aggiungere ancora qualcosa sul "lasciar piangere": a me ha aiutato molto il libro di Aletha J. Solter (titolo inglese: The Aware Baby. A new approach to parenting) che descrive il pianto del neonato come "valvola di sfogo" per elaborare i traumi (piccoli e grandi) vissuti. Secondo l'autrice, il pianto è un canale emotivo importantissimo attraverso il quale i bimbi "rivivono" emozioni forti vissute finchè "si sono sfogati". Questa importante capacità di autoregolazione viene molto spesso inibita dal comportamento dei genitori che impediscono al bimbo di piangere, allattandolo, dandogli il ciuccetto, distraendolo, canticchiando, cercando di farlo sorridere ecc. Sempre secondo l'autrice questo comportamento fa perdere al bimbo questa sua grande capacità di "autoguarigione emotiva" rendendolo dipendente dall'attività / oggetto proposto come alternativa al pianto, ad esempio il ciuccio. Quindi, ogni volta che il bimbo avvertirà il bisogno di piangere imparerà che "si deve consolare" col ciuccio sopprimendo così il pianto liberatorio che lascerebbe libera l'emozione non elaborata (che può essere dolore, paura, tristezza,...) vissuta in precedenza.
In sostanza il comportamento consigliato in questo libro è quello di tenere il bimbo in braccio durante la crisi di pianto, di dargli tanta attenzione, di "ascoltarlo", finchè si sarà calmato da solo. Che è ben diverso dal lasciar piangere da solo nella sua cameretta.
Mi viene in mente adesso perchè l'autrice tra l'altro cita i famosi pianti da colica dei bimbi nei primi tre mesi di vita. Secondo lei non si tratta di coliche o di apparato nervoso non ancora sviluppato ma di pianti liberatori necessari, durante i quali il neonato elabora il trauma del parto.
Vi dirò di più: io con mio figlio ho cercato di comportarmi così. Non è facile, perchè tendenzialmente quando sentiamo un bimbo piangere facciamo di tutto per farlo smettere. Mi sentivo nel giusto, sapendo che mio figlio non stava soffrendo (naturalmente prima escludevo tutte le altre possibili cause di pianto) ed io ero con lui, lo ascoltavo, gli permettevo di sfogarsi. Fino a sei mesi, spesso mi si addormentava in braccio dopo una crisi di pianto. e non si svegliava ogni mezz'ora come prima. Per me era anche l'unica soluzione, visto che in quei momenti lì non voleva nemmeno la tetta.
seguono alcune reazioni:
andrea grasselli ha scritto:non c'è il rischio che anche il tenere il bimbo in braccio ostacoli la liberazione dell'emozione non elaborata?
io penso di no, che non la ostacola, ma non riesco a farmi chiarezza. non riesco a trovare in quale punto differisce il tenere in braccio il bimbo dal distrarlo.
Emy ha scritto:Io non cerco di distrarre , far ridere mio figlio unicamente per "non farlo piangere", è giusto che pianga , ma lo distraggo, lo faccio giocare, per esprimere la positività, l'andare avanti , il non fermarsi ad ogni piccolo dolore, tenerne conto si, ma cercare di andare avanti, per indicargli le priorità della vita, il saper ridere di sè stessi, il non abbattersi, la complicità, il trovare il positivo anche nel negativo.
E per i neonati, a mio parere, più piccoli sono e più immediate sono le espressioni di disagio, quindi se piangono, qualcosa li disturba in quel momento, non reggono più di tanto la tensione
Gio ha scritto:Non lo so, sarà stato il post partum, ma per me era una vera sofferenza sentirla piangere, mi dispiaceva per lei e, contemporaneamente, non lo sopportavo. Me la legavo addosso con la fascia lunga e le davo il ciuccio, lei in max 3 minuti si addormentava in questo modo ... col passare dei mesi mi sono accorta che i suoi erano proprio "pianti per stanchezza" e che aveva solo bisogno di dormire. (...)Forse l'ho patito tanto perchè ero abituata con Francesco che, nella tetta, aveva la sua panacea per tutti i mali, per lui la soluzione è sempre stata: "pianto-tetta-nanna" per lei non è così, lei ha bisogno di essere portata a passeggio, di essere "mossa" per calmarsi, possibilmente, addosso a me, e per lei la tetta significa cibo, contatto, tenerezze, ma non nanna.
voi che ne pensate?
Antonella

piccolastella
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Re: Piangere: sfogo salutare?

Messaggio da piccolastella » gio dic 22, 2005 9:52 am

Ciao, premesso che Mattia non è un bimbo che piange molto o meglio a parte due episodi di risvegli notturni "disperati" con un pianto angosciato che non si calmava con niente per il resto piange di solito in due occasioni: durante il giorno perchè cade mentre corre in giro per casa o in macchina perchè non sopporta il fatto di essere legato per più di 10 minuti e alla sera per stanchezza dopo il bagnetto prima di dormire.
Per il resto è un bambino che si fa capire bene se vuole una cosa o se ha un bisogno senza arrivare a piangere.
Allora nel caso di una caduta se piange (alcune volte non fa una piega) lo accarezzo e lo esorto ad alzarsi e continuare a giocare senza dare troppa enfasi alla cosa.
In macchina (che uso il meno possibile) cerco di distrarlo cantando o parlando con lui e vado avanti.

Alla sera è un discorso diverso.
Dopo la giornata passata a muoversi la sera è stanchissimo lo so anche se non da segni di cedimento fino a dopo il bagno. Allora piange per tutto il tempo in cui lo asciugo, gli metto la crema lo vesto ecc...
E si capisce chiaramente che è un pianto di stanchezza, non di dolore o fame.
Ed è così da tanti mesi , quasi da subito direi e oramai ci ho fatto l'abitudine, anzi ho capito che è una valvola di sfogo quasi necessaria.
Le volte che cercavo di consolarlo prendendolo in braccio per calmarlo, dopo faceva fatica ad addormentarsi .
E allora faccio più in fretta possibile e poi lo metto a letto. tetta e via....
Questo è il massimo che riuscirei a fare piangere mio figlio, di più no non lo farei, mi sentirei male....
ciao
Roberta

Francesca G.
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Messaggio da Francesca G. » gio dic 22, 2005 9:55 am

Io trovo interessanti i concetti espressi dall'autrice citata da "cecia". C'è qualcosa di profondo e di controcorrente in questo pensare che possa essere necessario far sfogare il pianto del bambino affinché l'emozione che lo genera si riveli e si liberi. Il pensiero comune è che quando il bambino piange "senza motivo" (cioè senza un motivo per noi comprensibile e su cui dunque non possiamo agire in modo diretto: sfamandolo, pulendolo, facendolo addormentare, ecc.), bisogna farlo smettere; oppure che il bambino deve essere lasciato piangere se il pianto è la conseguenza di una punizione o di un'educazione.
Ma non credo proprio che lasciare che l'emozione si sfoghi significhi lasciare il bambino a piangere da solo fino a che non si calma. Il bambino può sfogarsi accoccolato in braccio con la sua mamma che gli canta calmamamente una dolce melodia. Non per impedire che pianga ma per contenere il suo pianto (fisicamente contenere) in un nido di protezione e amore.
E poi penso che tutto vada calato nella reale quotidianità di mamma e bambino, in relazione ai temperamenti e alle disposizioni di ognuno.
Io Arturo l'ho spesso lasciato piangere, sfogare, senza cercare di calmarlo a tutti i costi (semplicemente tenendomelo vicino, dicendogli qualche parolina, accarezzandolo sulla testa o sulla schiena), perché i suoi pianti "immotivati" erano rari e quando scoppiavano sapevo che sarebbero arrivati ad una conclusione piuttosto veloce e che lui ne avrebbe tratto un qualche tipo di comprensione di sé (anche quando era molto piccolo).
Con Giuliano è stato tutto diverso. Giuliano ha passato gran parte della sua vita a piangere disperatamente in modo "immotivato", cioè senza che noi potessimo capire perché piangeva e senza che fossimo in grado di aiutarlo nella sua disperazione. Quando Giuliano piange non è possibile rimanere ad uno stato passivo di accettazione del pianto, non è possibile anche solo tenerlo in braccio, perché si dimena e si contorce, o cantargli e parlargli qualcosa, perché lui non sente e non vede nulla, è in "trance" e se la sua trance è lasciata a se stessa (l'abbiamo costatato alcune volte) lo porta addirittura a crisi isteriche con convulsioni. Ecco perché io ho sempre cercato in ogni modo di calmarlo il prima possibile, con la tetta, con il ciuccio, con le corse, con le danze, anche a volte sgridandolo per interrompere l'accesso se pur bruscamente; soprattutto perché so che durante la giornata ce ne saranno altri 8, 9 10 di questi momenti, potrei lasciarlo piangere disperatamente A LUNGO (anche se in braccio e coccolato) per 10 volte al giorno?
Questo mio post è anche un'accorata richiesta d'aiuto a chiunque possa avere un'idea su come aiutare il mio Giuliano.
Il 4 febbraio 2006 Giuli compie due anni e, dopo alcuni mesi di situazione stazionaria abbastanza buona, in cui era un po' più tranquillo e riusciva a relazionarsi con le persone e con il mondo, siamo ritornati ai livelli di prima dell'estate, per cui si sveglia anche 8 volte per notte in preda al terrore e di giorno passa continuamente da un pianto inconsolabile all'altro vivendo praticamente in braccio al babbo, senza essere in grado né di giocare, né di relazionarsi con gli altri, né di apprezzare ciò che gli accade intorno. Non voglio dilungarmi troppo: voglio solo ricordare l'antefatto della situazione di Giuliano, quella terribile forma di reflusso gastro-esofageo che l'ha fatto vivere in un inferno per i suoi primi sei mesi di vita e che secondo me l'ha segnato profondamente (anche nel carattere). Ma è possibile che l'abbia segnato così tanto che dopo due anni non è ancora uscito da quell'incubo? Quando gli capita di stare male, anche una cosa lieve come un raffreddore (e d'inverno son tutti raffreddori), Giuliano entra in un tunnel di disperazione e angoscia tale da far accapponare la pelle e ci mette mesi poi a riprendersi e a tornare ad una normalità. Noi siamo molto angosciati per lui, ma è così difficile vivere con lui e mettersi in relazione con lui che spesso si prova il desiderio, è terribile dirlo, di essere liberati dal peso della sua anima sulla nostra. Non può essere taciuto infatti che nei suoi rari momenti di lucidità e serenità Giuliano è un bambino impossibile, tignoso, canaglia, furfante. Passa tutto il tempo, consapevolmente (lo sottolineo), a fare cose che non deve fare, a distruggere, a rompere, a creare problemi, a impedire agli altri di fare quello che devono fare, non accettando nessun tipo di limitazione o rimprovero, o spiegazione e anzi traendo un gusto speciale dal contravvenire alle richieste e ai "no".

Ciao,
F.

Gio
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Re: Piangere: sfogo salutare?

Messaggio da Gio » gio dic 22, 2005 12:29 pm

Antonella Sagone ha scritto:
Gio ha scritto:Non lo so, sarà stato il post partum, ...
Dal momento che ho scritto questo e poi ho aperto una discussione intitolata post partum, voglio solo ribadire il "non lo so", prechè credo di non avere avuto proprio nessuna depressione post partum ... semplicemnte non sopportavo sentir piangere i bambini. Forse c'entra anche una buona dose di stanchezza ... Quando era molto piccolo Francesco, al sentir piangere qualunque bambino mi si riempiva il seno di latte e ... lo avrei anche allattato. Non c'era minimamente alcun segno di insofferenza in me, piuttosto c'era empatia.

Dopo la nascita di Federica tutto era diverso: prima di tutto il mio corpo non si comportava allo stesso modo; anche se io per prima soluzione proponevo il seno, non avevo la sensazione forte dell'arrivo del latte; non mi interessava tanto il pianto degli altri bambini, almeno non come dopo la nascita di Franci ma, soprattutto, desideravo solo che Federica smettesse di piangere.

Gio

carlapioneer
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Messaggio da carlapioneer » gio dic 22, 2005 1:37 pm

Anche per me nei primi mesi e tuttora ascoltare il pianto del mio bimbo senza intervenire e' molto difficile, forse dovuto anche al fatto che la sua personalita' poco paziente lo fa piangere come reazione a diverse cose anche alle volte insignificanti e' un momento di sfida che alle volte sento un po' come un mio limite, non riuscire ad sentirlo piangere, altre volte mi
vengono in mente le parole di sears che dice che se vediamo vicino a noi seduta una persona che piange il meno che possiamo fare e chiederle come va e confortarla, e allora dovremmo fare lo stesso con i nostri figli, per quanto riguarda il pianto come valvola di sfogo mi sento di dire che anche io alle volte per stanchezza, o tristezza o perche commossa da qualcosa di bello ho pianto e mi sono sentita meglio dopo, anche se non e' una delle mie forme preferite di sfogo, visto che dopo ho la testa che mi fa male e gli occhi gonfi, non so mai se credere al fatto che i bambini hanno dei sistemi nervosi non maturi e percio' gli sfoghi di pianto sono accettabili e liberatori, il contenimento fisico resta comunque un punto fermo dato che e' veramente bello sentirsi abbracciato quando si e' in una situazione di bisogno. Una nonna mi ha detto con un candore eccezionale che ai bimbi piace essere addormentati in braccio per il calore del corpo, e anche a me piace addormentarmi nelle barccia di mio marito, Poi mi chiedo sempre se il fatto che siamo cosi' lontani dalla nostra naturale essenza porta tutti questi dubbi e domande, lo allatto o no , quanto tempo lo prendo in braccio o no, lo assecondo o no lo vizo o no??????????
Non sono mai riuscita a sentirlo piangere e dal profondo sentivo un malessere e il bisogno di confortarlo, adesso a 15 mesi riesco a capire alcune cause di alcuni pianti e lo lascio piangere se sono in bagno e lo vedo e lui e' solamente arrabbiato perche' stavamo giocando e io mi sono alzata di scatto pe rfare la pipi'. tornando a noi secondo me l'istinto di mamma e' il piu' forte di tutti i libri e i consigli, poi come individui e donne tutti abiamo i nostri limiti che manifestiamo anche con i nostri figli, io sono un po' ansiosa e sicuramente lo dimostro, non sono una persona con molte regole e sicuramente mio figlio e' un po' selvaggio. La mia domanda e' quanto influisce la famiglia e quanto la personalita' dell'individuo stesso??? Siamo alle solite il fatto che i nostri figli piangano incontrollabilmente ci fa diventare cattive mamme, questo e' il mio dilemma, la felicita' dei nostri figli dipende completamente da noi e percio' se piangono dobbiamo intervenire e cercare di riparare alla situazione.
io alle volte lo faccio, poi ci sono momenti che soche alui non piacciono vedi supermercato, macchina cambio pannolino, ho anche notato che esprime anche della rabbia o un disaccordo, mi chiedo anche ma ilfatto che abbiamo risposto sempre molto sollecitamente al suo pianto sembra essere una delle forme di comunicazione che preferisce per esprimere qualcosa di negativo... mi sono forse dilungata un po' troppo , essere genitori e' veramente una'avventura.

piccolastella
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Messaggio da piccolastella » gio dic 22, 2005 2:17 pm

Francesca G. ha scritto: Questo mio post è anche un'accorata richiesta d'aiuto a chiunque possa avere un'idea su come aiutare il mio Giuliano.
F.
Francesca non ti posso aiutare, almeno non materialmente posso solo dirti qualche parola di conforto ma di quelle ne avrai già avute e servono fino a mezzogiorno!
La mia primogenita ha sofferto di reflusso gastroesofageo e praticamente viveva in braccio a me alcuni giorni non riuscivo nemmeno a togliermi il pigiama fino a sera che ormai era ora di andare a letto! Questo perchè oltre al fatto di metterci una vita a tettare quando era sdraiata anche se reclinata tornava su il latte o il latte acido se era passato un pò di tempo e questo succedeva anche di notte.
Ha subito anche un ricovero a nemmeno un mese di vita per ordine della pediatra che dopo avermi caldamente consigliato di somministrarle il medigel prima delle poppate (e se l'hai fatto sai che difficile è fare ingoiare quella cosa a un neonato che non ha nemmeno la capacità di deglutire cose di quella consistenza) ha sbagliato la prescrizione e invece di un cucchiaino ha scritto un cucchiaio!!!! Io vedevo che non riuscivo a darle tutta quella quantità e lei mi diceva che dovevo insistere altrimenti la bambina non cresceva o dovevo passare al latte artificiale o peggio che peggio portarla a Bologna per farla operare(!!!)
Risultato: la bambina completamente intasata non mangiava più, dormiva e basta è stata ricoverata all'ospedale per sospetta stenosi del piloro e lì non ti dico raggi, esami, ricovero in camera con bambini con malattie virali ,io che non potevo alimentarla e non sapevo come fare con il latte finchè IO mi accorgo che l'infermiera stava dando il medigel ad un bambino e le chiedo come mai gliene dava solo un cucchiaino e lei mi dice perchè è la dose giusta allora le faccio vedere quello che aveva scritto la pediatra e le sono venuti i capelli dritti, ha informato il medico hanno indotto l'evacuazione con un sondino (non ti dico quanta ne è uscita!!), la bimba ha ripreso a mangiare spontaneamente e ho chiesto di andare a casa subito!
Naturalmente la pediatra (che poi ho cambiato) mi ha detto che si era sbagliata ma tanto non era un farmaco era una cosa naturale e io le ho risposto: anche la pastasciutta è naturale ma se ne mangio 1 kg ricoverano anche me!
E da li mi sono arrangiata cercando di tenerla su il più possibile e ricorrendo al Cipril quando vedevo che stava male...
Però quando le veniva su l'acido piangeva eccome!
Poi è passato tutto dagli 8 mesi all'anno senza particolari traumi.
Il fatto che il tuo bimbo sia ancora così provato può essere anche per quello oppure è un bambino che è fatto così, il problema è accettare questo fatto senza farti venire dei sensi di colpa tipici di noi mamme e stargli vicino con tutto l'amore, la disponibilità e la dolcezza che traspaiono dalle cose che scrivi....
E non so se va o meno al nido ma magari quella può essere una soluzione, il rapportarsi con altri, partecipare ad una comunità dove i giochi sono di tutti e non si distrugge per niente, dove la maestra che non è la mamma alla quale si può fare tutto magari trova una chiave diversa per insegnare il rispetto...Non so può essere?
Il figlio di una mia amica iperattivo, esplosivo, incontenibile(ad un punto che io non riuscirei a sostenere) quando è con la mamma, all'asilo è tutto il contrario, l'ho visto con i miei occhi poi appena vede la mamma si scatena.

Comunque sia volevo dirti che sei una BRAVA MAMMA.

Ciao
Roberta

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Messaggio da carlapioneer » gio dic 22, 2005 4:53 pm

Per Francesca,
io ho una cara amica che ha una bimba di sette anni che aveva un fortissimo reflusso che si e' poi concluso con una esofagite, percio' una bimba che all'inizio non era molto felice, io le ho conosciute due anni fa e ho visto le foto diquesta bimba mese dopo mese, anno dopo anno e il cambiamento e' stato lento, da un faccino gonfio e triste, letteralmente, pian piano si e' visto il cambiamento sino ad oggi dove si vede fisicamnete una bimba in salute e anche felice, quando la conosci, anche se con una personalita' meno solare e un po' piu' cupa dell'altra figlia, anche lei come Giuliano e' una seconda figlia. Questo per dirti che forse avendo un fastidio non e' molto felice nella sua situazione, anche Romeo e' molto sensibile all'ambiente esterno e reagisce con delle reazioni molto forti e alle volte spoporzionate dal punto di vista di un adulto, io alle volte mi spavento, mi sconforto, mi rattristo poi ci ripenso e dico anche io stessa ho un'esistenza un po' tormentata o vivo un po' la vita come una tragedia greca, ho anche dei momenti di euforia, frequenti e sono una donna felice con quello che ha ma cerco di trovare di rimettermi in discussione parecchio, chiamatemi lunatica, forse ormonalmente sballata, e allora comprendo mio figlio quando sclera.
Baci
Carla

Antonella Sagone
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Messaggio da Antonella Sagone » gio dic 22, 2005 5:50 pm

Carissim*,
come sempre i vostri interventi sono veramente illuminanti. Avete puntato il dito proprio sui punti cruciali di questa discussione. Grazie!

Vorrei provare a raccogliere un po' le fila di quento è venuto fuori sinora, e per fare questo "rubo ancora un pezzetto di intervento di Carla nell'altra discussione (quella di Estivill).
carlapioneer ha scritto:Anche per me nei primi mesi e tuttora ascoltare il pianto del mio bimbo senza intervenire e' molto difficile (...) La mia domanda e' quanto influisce la famiglia e quanto la personalita' dell'individuo stesso??? Siamo alle solite il fatto che i nostri figli piangano incontrollabilmente ci fa diventare cattive mamme, questo e' il mio dilemma, la felicita' dei nostri figli dipende completamente da noi e percio' se piangono dobbiamo intervenire e cercare di riparare alla situazione.
carlapioneer ha scritto:per quanto riguarda il pianto come valvola di sfogo mi sento di dire che anche io alle volte per stanchezza, o tristezza o perche commossa da qualcosa di bello ho pianto e mi sono sentita meglio dopo, anche se non e' una delle mie forme preferite di sfogo, visto che dopo ho la testa che mi fa male e gli occhi gonfi, non so mai se credere al fatto che i bambini hanno dei sistemi nervosi non maturi e percio' gli sfoghi di pianto sono accettabili e liberatori.

Il pianto di un bambino è un argomento "forte". che ci tocca nel profondo, perché anche noi siamo stati bambini e abbiamo pianto, o piangiamo ancora adesso a volte. Il pianto è uno dei segnali più forti che l'essere umano ha in natura per segnalare un disagio che supera le sue capacità di fronteggiarlo: un segnale d'allarme, una richiesta fdi aiuato. Poiché siamo una specie sociale, siamo dotati di uno strumento che sucscita in modo immediato e intenso una reazione empatica nei nostri simili, perché accorrano ad aiutarci. Questo è come vedo io il pianto. Penso che in consizioni naturali (e penso di nuovo al libro della Liedloff) gli esseri umani, bambini e adulti, abbiano pochi motivi per piangere, perché vivono a stretto contatto gli uni degli altri, i bambini delle madri, e se c'è un problema in genere traspare molto prima che la persona sia così disperata da piangere. Si piange per il dolore, lo spavento, la rabbia, la fame, ma spesso queste cose possono essere prevenute o "curate" al loro primo insorgere.
Ci sono, certo, le volte in cui ci si fa male o si è malati o si subisce uno shock e allora si piange" ma c'è chi può accerree a consolarti (fare contenimento, come si diceva altrove).

Ma cosa succede nella nostra società? La nostra società odia la semplice verità che siamo affettivamente dipendenti gli uni dagli altri. Vorrebbe che ciascuno potesse vivere in modo emotivamente "autonomo", senza sentire il bisogno di appoggiarsi e rifugiarsi nel conforto e nell'aiuto del suo prossimo. Si tratta di un delirio di onnipotenza, ma questa autarchia emotiva ci viene proposta, e spesso imposta (per mancanza di alternative!) fin da bambini. La richiesta di aiuto, conforto e attenzioni del bambino viene vissuta come un attentato a questo equilibrio autarchico che ognuno di noi è stato abituato a ricercare e difendere. E così si insegna ai bambini a non piangere, a mandare giù il groppo che hanno in gola, e ad arrangiarsi. Si induce il bambino a vergognarsi della propria "debolezza" (e perché dovrebbe essere una vergogna?), e così lui impara a nascondere il pianto e i bisogni che ci sono dietro. Oppure, semplicemente, i pianti restano inascoltati finché il bambino rinuncia ad utilizzare questo strumento innato così efficiente in natura... perché divenuto inutile. Allora piangere diviene solo uno sconvolgimento neurovegetativo che è meglio evitare, per non ritrovarsi, come dice Carla, "con la testa che fa male e gli occhi gonfi".

Pensiamo che noi siamo cresciuti in questo tipo di società e di ideologia. Allora chiediamoci perché sentire un bambino piangere ci mette così in agitazione.
Ci sono vari livelli.
Su un livello del tutto sano e naturale, noi rispondiamo semplicemente al segnale d'allarme e accorriamo. Non per far "smettere il pianto", ma per porre rimedio il più in fretta possibile al disagio e all'angoscia che questo segnala.
Però che succede se noi stessi siamo stati condizionati a non dare credito ai nostri pianti? Abbiamo messo tutto sotto una bella pietra pesante, ed ecco che le urla di nostro figlio ci fanno tornare a galla i nostri dolori e le nostre rabbie represse. Ci sentiamo angosciate e arrabbiate oltre misura, e sentiamo il bisogno che per prima cosa quel grido di dolore smetta!! Ed ecco che ci diamo da fare a "distrarre" in tutti i modi il bambino. E poi, c'è un altro livello, che non voglio dire egoistico, ma che può scattare dato che ci è stato inculcato che è bene cavarsela da soli, e l'aiuto reciproco è "pericoloso" perché crea dipendenze. Proprio perché a livello inconsapevole riconosciamo il pianto per quello che è, la richiesta di aiuto di chi è bisognoso di noi, il pianto ci angoscia e vorremmo non sentirlo mai. L'idea che qualcuno dipenda così da noi per il suo benessere è angosciante, una responsabilità grossa, e viene vissuta nella nostra cultura come un vincolo, una trappola, piuttosto che come un elemento di forza a livello di gruppo. Possiamo sentirci giudicate come madri, di aver fallito uno dei nostri compiti nel rendere nostro figlio un individuo "maturo" e "autonomo". Può essere difficile liberarsi di queste idee che sono state inculcate in noi anche se non ce ne rendiamo del tutto conto.

Allora, è un bene o no lasciar "sfogare" il pianto?
Trovo che ci sia bisogno, prima di rispondere, tenere presente le considerazioni fatte prima. Quando interveniamo in risposta al pianto di un bambino, qual è il nostro obiettivo? andare incontro al bisogno che quel pianto esprime, oppure andare incontro al nostro bisogno di non sentirci lacerati e minacciati dentro dal suo pianto?
I bambini in genere segnalano piuttosto chiaramente quello di cui hanno bisogno. Allattarli o prenderli in braccio spesso è sufficiente per placarli, e allora perché dire ai genitori di non farlo, o confonderli con istruzioni vaghe del tipo "prima capire il motivo del pianto e poi rispondere alle cause"? Se la mamma offre il seno al bambino, o le sue braccia, e il bambino non vuole questo bensì ha bisogno di sfogarsi, lo farà capire molto chiaramente! Come al solito, le indicazioni sono complicate solo quando diventano regolette astratte, ma nella concretezza quotidiana le mamme in genere si sanno regolare benissimo, allattando il bambino, abbracciandolo, o invece rispettando la sua rabbia e stando semplicemente vicino... questo è molto diverso dal voler far cessare il pianto "distraendo" il bambino. Distrarre (proporre qualcosa di completamente estraneo alla situazione, scherzare, ecc) è negare; ma offire il seno, le braccia e il cuore non è negare, ma consolare, e non c'è nulla di male in questo.

Credo che gli "sfoghi" siano un modo sano di ristabilire l'equilibrio di una precedente situazione patologica. Noi adulti con tanti pianti repressi in gola abbiamo a volte bisogno di sfogarci, tirando fuori ciò che è stato bloccato per tanto tempo. E nello sbloccarsi, può anche esprimersi con il pianto (ma non è il solo modo). Se il bambino ha avuto un parto traumatico, o una frustrazione troppo grossa, oppure ha un malessere che continua e di fronte al quale noi siamo impotenti (succede, rassegnamoci, non siamo onnipotenti!) e deve sfogarsi, lo farà volentieri piangendo fra le braccia della mamma, ed è sacrosanto che noi abbiamo ben chiaro, in caso di pianti "inconsolabili" o "immotivati" come questi, che va bene così, e non significa né che il nostro bambino è "sbagliato", né che lo siamo noi genitori. Ma per favore, non facciamo confusione, non minacciamo chissà che conseguenze se accorriamo a consolare nostro figlio, facciamo ciò che ci dice l'istinto e il cuore, lo prendiamo in braccio, lo attacchiamo al seno, e lui si placa felice fra le nostre braccia. La felicità non ha mai fatto male a nessuno. Come dice meravigliosamente francesca,
Francesca G. ha scritto:non credo proprio che lasciare che l'emozione si sfoghi significhi lasciare il bambino a piangere da solo fino a che non si calma. Il bambino può sfogarsi accoccolato in braccio con la sua mamma che gli canta calmamamente una dolce melodia. Non per impedire che pianga ma per contenere il suo pianto (fisicamente contenere) in un nido di protezione e amore.

Antonella Sagone
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Messaggio da Antonella Sagone » gio dic 22, 2005 6:08 pm

ancora una riflessione, basata sul bel saggio di J. Hunt "10 motivi per rispondere al pianto del bambino".
http://www.allattiamo.it/pianto.htm

Evidenzio solo una frase:
In qualsiasi circostanza, più una persona è bisognosa di aiuto, più ha bisogno di avere la nostra compassione, attenzione ed assistenza.
Tutte e tre queste cose sono necessarie per una risposta adeguata. Rispondere solo alla causa fisica scatenante del pianto è una risposta tecnica e senza amore, lo può fare anche un robot o l'inserviente nei brefotrofi, in cui l'anima dei bambini languisce anche se fisicamente sono accuditi, nutriti, puliti con tutti i crismi. Essere attenti ed empatici senza nello stesso tempo offrire assistenza (ad esempio allattare al seno, abbracciare, aiutare a scivolare nel sonno) come si fa? Essere presenti ma senza farsi coinvolgere, "minimal checking", dire al bambino sono qui, ma non coccolarlo, come certi teorici pretendono dai genitori, è un ossimoro, una contraddizione in termini, è come dire: siate affettuosamente distaccati... una presa in giro, un pericoloso paradosso che, come tutti i paradossi, è molto pericoloso e rischia di disorientare e invischiare i genitori in una trama di confusione, allo scopo di alienarli dai loro sentimenti e istinti, che il più delle volte funzionano invece benissimo.
Antonella

anna70
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Messaggio da anna70 » ven dic 23, 2005 10:16 am

ho letto con grande interesse i vostri interventi...
io posso solo dire che il pianto di mio figlio mi mette in crisi: a volte sento che mi fa salire una rabbia che viene dal profondo...
da quando e' nato gabri capisco che devo fare un grande lavoro su di me, perche' non e' facile essere genitori quando si e' stati bambini poco e male accolti... mi rendo conto che e' un percorso anche duro che mi mette davanti a tutti i limiti che la mia educazione mi ha imposto senza che io ne fossi nemmeno consapevole!

anna

cris
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per Francesca G.

Messaggio da cris » ven dic 23, 2005 3:30 pm

CAra Francesca,
ti chiedo scusa in partenza, perchè probabilmente quello che dirò ti parrà banale; forse hai già fatto mille tentativi in proposito; forse troverai sciocco quello che dico. Però ci provo.

Giuliano ormai è abbastanza grande per sentire e capire quasi tutto ciò che le persone che sono intorno a lui dicono. Non so se te e tuo marito affrontate pubblicamente davanti a lui discussioni sui suoi pianti o sulle sue crisi. Non so neppure se per caso (sempre lui presente) ne parli al telefono con un'amica, con tua madre, e via via. Volgio dire che, se è così, con difficoltà Giuliano riuscirà ad uscire dallo schema che segue. Come sai, a questa età i bambini collaborano molto (cito Juul) e lo fanno vivendo con i genitori le esperienze comuni, collaborando ad un quadro che a volte i genitori dipingono. Voglio dire, perchè a me è successo con Rebecca, che il descrivere una cosa che succede in qualche modo la esalta, la valorizza, la rende più impotante. Quello che ti consiglio dunque non è non parlare di Giuliano e delle sue crisi, bensì aiutarlo a persuadersi che può gestire in modo diverso e più vantaggioso per lui i suoi stati d'animo. Citando il GAbianno Jonathan Livingston, quando uno vuol fare qualcosa di difficile o che sembra impossibile "deve innanzitutto persuadersi di esserci già riuscito". Quindi, dato che i bambini a questa età (ma se vogliamo per tutta la vita) si fidano tantissimo di cosa dice la madre, comincia a dire, al mondo (non a lui direttamente, ma con lui presente) che Giuli sta imparando a gestire meglio i suoi stati d'animo. Con molta probabilità quella piccola bugia diventerà piano piano una consapevolezza anche per lui. Cerca, per quanto sia possibile, di dare poco peso alle sue crisi. In sostanza, si tratta di aiutarlo a credere che tutto ciò non solo è possibile, ma che in parte già è così. Non so se sono stata chiara, e non so neppure se ti sono stata d'aiuto, ti prego di scusarmi se invece sono stata banale.
Ti abbraccio.
Cristina

wanja
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Re: Piangere: sfogo salutare?

Messaggio da wanja » ven dic 23, 2005 9:48 pm

a cui Cecia si è agganciata:
cecia ha scritto:Volevo aggiungere ancora qualcosa sul "lasciar piangere": a me ha aiutato molto il libro di Aletha J. Solter (titolo inglese: The Aware Baby. A new approach to parenting) che descrive il pianto del neonato come "valvola di sfogo" per elaborare i traumi (piccoli e grandi) vissuti. Secondo l'autrice, il pianto è un canale emotivo importantissimo attraverso il quale i bimbi "rivivono" emozioni forti vissute finchè "si sono sfogati". Questa importante capacità di autoregolazione viene molto spesso inibita dal comportamento dei genitori che impediscono al bimbo di piangere, allattandolo, dandogli il ciuccetto, distraendolo, canticchiando, cercando di farlo sorridere ecc. Sempre secondo l'autrice questo comportamento fa perdere al bimbo questa sua grande capacità di "autoguarigione emotiva" rendendolo dipendente dall'attività / oggetto proposto come alternativa al pianto, ad esempio il ciuccio. Quindi, ogni volta che il bimbo avvertirà il bisogno di piangere imparerà che "si deve consolare" col ciuccio sopprimendo così il pianto liberatorio che lascerebbe libera l'emozione non elaborata (che può essere dolore, paura, tristezza,...) vissuta in precedenza.
In sostanza il comportamento consigliato in questo libro è quello di tenere il bimbo in braccio durante la crisi di pianto, di dargli tanta attenzione, di "ascoltarlo", finchè si sarà calmato da solo. Che è ben diverso dal lasciar piangere da solo nella sua cameretta.
Mi viene in mente adesso perchè l'autrice tra l'altro cita i famosi pianti da colica dei bimbi nei primi tre mesi di vita. Secondo lei non si tratta di coliche o di apparato nervoso non ancora sviluppato ma di pianti liberatori necessari, durante i quali il neonato elabora il trauma del parto.
Vi dirò di più: io con mio figlio ho cercato di comportarmi così. Non è facile, perchè tendenzialmente quando sentiamo un bimbo piangere facciamo di tutto per farlo smettere. Mi sentivo nel giusto, sapendo che mio figlio non stava soffrendo (naturalmente prima escludevo tutte le altre possibili cause di pianto) ed io ero con lui, lo ascoltavo, gli permettevo di sfogarsi. Fino a sei mesi, spesso mi si addormentava in braccio dopo una crisi di pianto. e non si svegliava ogni mezz'ora come prima. Per me era anche l'unica soluzione, visto che in quei momenti lì non voleva nemmeno la tetta.

mi dispiace ma sono piuttosto perplessa a riguardo. Mi sembra piu´un´ipotesi, sarebbe curioso sapere in base a quali studi si possa fare delle affermazioni di questo tipo? ora sto leggendo in tedesco il libro "Das geheimnis glücklicher Kinder" - "Il mistero dei bambini felici" di Steve Biddulph, anche lui ad un certo punto sostiene che bisogna lasciare piangere i neonati (molto spesso in questi libri si raccomandano delle cose rispetto ai bimbi senza specificare l´eta´. ma in questo caso l´autore e´ chiaro, si parla dei bimbi al di sotto di 6 mesi) perche´ altrimenti se viene nutrito subito dopo avra´ difficolta´ a rendersi conto di che cosa desideri... Io ci credo molto poco. nella mia esperienza di mamma spesso capitava e capita ancora che se non capisco la ragione del pianto spero che sia fame e offro la tetta, ma se non ha fame - con cavolo che la prende! e allora provo un po´di tutto e se proprio non trovo la ragione alla fine l´ascolto e basta, l´accarezzo, spero di incoraggiarlo... ma mi sembra piu´ una conseguenza al fatto di non essere riuscita ad aiutarlo, e non qualcosa che gli possa essere utile per stare meglio! una mia amica fa davvero cosi´ - anche se sa che la sua bimba ha fame per un po´ la lascia piangere. mi sembra un´assurdo, e´ come se io chiedessi ad un´amico qualcosa da mangiare e lui anziche´ farmi mangiare mi rispondesse "caspita che bella voce che hai, sentiamo come lo dici bene? sei sicura che e´proprio fame? ..."personalmente sarei sicura delle mie reazioni. un´altra questione e´ quella di dover tenere un limite e il bimbo non lo accetta. se non gli permetto di fare qualcosa e lui piange lo porto via e mi metto a fare altro, spesso funziona. accetta quasi subito e smette di piangere. in questo caso penso che il pianto non debba fare paura alla mamma, se proprio non deve aprire il rubinetto del gas - lo deve imparare. basta che i genitori siano fermi e non violenti. ma anche in uesto caso si puo´ essere solidali con il bimbo e dirgli "mi dispiace che tu sia triste per questa ragiorne" senza per questo fargli fare cose pericolose. ma penso che comunque non bisogna mai lasciare un bimbo piangere da solo, gia´ solo per questa ragione il metodo di "fate la nanna" mi sembra davvero pericoloso. io sto cercando di crescere un bimbo sereno, che sappia di poter contare su di me. a volte mi e´ stato rifacciato di essere troppo ansiosa. potrebbe anche essere vero ma non credo che il fatto di rispondere subito al pianto del bimbo sia necessariamente la conseguenza dell´ansia.

Antonella Sagone
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Re: Piangere: sfogo salutare?

Messaggio da Antonella Sagone » ven dic 23, 2005 9:59 pm

wanja ha scritto:sto leggendo in tedesco il libro "Das geheimnis glücklicher Kinder" - "Il mistero dei bambini felici" di Steve Biddulph, anche lui ad un certo punto sostiene che bisogna lasciare piangere i neonati (...) perche´ altrimenti se viene nutrito subito dopo avra´ difficolta´ a rendersi conto di che cosa desideri...
mi sembra una teoria del tutto sconclusionata. Non ho capito se intendi che (se la risposta di allattare è immediata) la mamma non riuscirà a capire se era veramente fame? O il bambino stesso non capisce i suoi bisogni?

In ogni caso quando la mamma risponde offrendo il seno e il bambino lo accetta, non è più semplice, invece di starsi a lambiccare se "era veramente fame" dire che, evidentemente, il bambino aveva bisogno apputno di poppare? Il seno non è solo nutrimento, questa è un'altra deteriore convinzione causata dal modello di riferimento - il biberon, che è appunto solo un contenitore ed erogatore di cibo...
wanja ha scritto:un´altra questione e´ quella di dover tenere un limite e il bimbo non lo accetta. se non gli permetto di fare qualcosa e lui piange lo porto via e mi metto a fare altro, spesso funziona. accetta quasi subito e smette di piangere. in questo caso penso che il pianto non debba fare paura alla mamma, se proprio non deve aprire il rubinetto del gas - lo deve imparare. basta che i genitori siano fermi e non violenti. ma anche in uesto caso si puo´ essere solidali con il bimbo e dirgli "mi dispiace che tu sia triste per questa ragiorne" senza per questo fargli fare cose pericolose.
esatto! Infatti essere empatici non significa necessariamente acconsentire a qualsiasi cosa che il bambino voglia in un dato momento. Il bambino vive in un mondo reale dove ci sono limiti - limiti fisici e limiti sociali. Però non c'è ragione di biasimare il bambino se prova rabbia o dispiacere quando non gli viene permesso qualcosa, si può essere empatici e consolarlo anche quando si è deciso di non permettergli di fare una cosa pericolosa o incompatibile con la situazione del momento.
Antonella

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Messaggio da Antonella Sagone » sab dic 24, 2005 1:21 am

Francesca G. ha scritto:Giuliano ha passato gran parte della sua vita a piangere disperatamente in modo "immotivato", cioè senza che noi potessimo capire perché piangeva e senza che fossimo in grado di aiutarlo nella sua disperazione. Quando Giuliano piange non è possibile rimanere ad uno stato passivo di accettazione del pianto, non è possibile anche solo tenerlo in braccio, perché si dimena e si contorce, o cantargli e parlargli qualcosa, perché lui non sente e non vede nulla, è in "trance" e se la sua trance è lasciata a se stessa (l'abbiamo costatato alcune volte) lo porta addirittura a crisi isteriche con convulsioni. Ecco perché io ho sempre cercato in ogni modo di calmarlo il prima possibile (...) Questo mio post è anche un'accorata richiesta d'aiuto a chiunque possa avere un'idea su come aiutare il mio Giuliano.
ciao Francesca.
Dalla tua descrizione traspare con quanta sensibilità stai gestendo la situazione con Giuliano. Tu sei la dimostrazione vivente del fatto che non può esistere una regola standard buona per tutti; tu hai due bambini molto diversi l'uno dall'altro e giustamente rispondi ni modo diverso. è un fatto miracoloso che le mamme siano capaci di questa sensibilità ma sono miracoli che le madri compiono quotidianamente.
Francesca G. ha scritto:si sveglia anche 8 volte per notte in preda al terrore e di giorno passa continuamente da un pianto inconsolabile all'altro vivendo praticamente in braccio al babbo, senza essere in grado né di giocare, né di relazionarsi con gli altri, né di apprezzare ciò che gli accade intorno.
posso immaginare la costernazione di voi genitori, che vorreste per lui ben altri modi di passare la giornata, e lo vorreste vedere sereno e felice... Da tutto quello che mi racconti da quando Giuliano è nato la mia sensazione è che ci siano almeno 2-3 fattori diversi che incidono sulla sua situazione: un fattore legato al suo carattere, che è estremamente reattivo e ipersensibile, e qualcos'altro legato a problemi di salute che lo disturbano periodicamente.
Francesca G. ha scritto:Quando gli capita di stare male, anche una cosa lieve come un raffreddore (e d'inverno son tutti raffreddori), Giuliano entra in un tunnel di disperazione e angoscia tale da far accapponare la pelle e ci mette mesi poi a riprendersi e a tornare ad una normalità. Noi siamo molto angosciati per lui, ma è così difficile vivere con lui e mettersi in relazione con lui che spesso si prova il desiderio, è terribile dirlo, di essere liberati dal peso della sua anima sulla nostra.
lo capisco benissimo ed è un sentimento normale; il fatto che voi genitori riusciate comunque a gestire questi sentimenti e continuate ad accudirlo, anzi chiediate aiuto, è ciò che vi distingue come genitori sani e capaci.
Francesca G. ha scritto:Non può essere taciuto infatti che nei suoi rari momenti di lucidità e serenità Giuliano è un bambino impossibile, tignoso, canaglia, furfante. Passa tutto il tempo, consapevolmente (lo sottolineo), a fare cose che non deve fare, a distruggere, a rompere, a creare problemi, a impedire agli altri di fare quello che devono fare, non accettando nessun tipo di limitazione o rimprovero, o spiegazione e anzi traendo un gusto speciale dal contravvenire alle richieste e ai "no"
puoi chiarirmi meglio che intendi con queste definizioni? Potresti fare degli esempi? i giudizi che dai di tuo figlio mi danno molte informazioni su come ti senti adesso (!) ma poche su cosa veramente Giuliano faccia o senta. Le tue impressioni in proposito sono molto importanti, aiutami a capire meglio.
Non so quanto potrò esserti di aiuto, dico solo per ora che la mia teoria sui bambini "difficili" è che arrivano proprio ai genitori più in gamba, quando sono "pronti" per prendersi cura di loro...
Antonella

wanja
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Re: Piangere: sfogo salutare?

Messaggio da wanja » lun dic 26, 2005 4:24 pm

Antonella Sagone ha scritto:
wanja ha scritto:sto leggendo in tedesco il libro "Das geheimnis glücklicher Kinder" - "Il mistero dei bambini felici" di Steve Biddulph, anche lui ad un certo punto sostiene che bisogna lasciare piangere i neonati (...) perche´ altrimenti se viene nutrito subito dopo avra´ difficolta´ a rendersi conto di che cosa desideri...
Non ho capito se intendi che (se la risposta di allattare è immediata) la mamma non riuscirà a capire se era veramente fame? O il bambino stesso non capisce i suoi bisogni?
si intende il bambino una volta divenuto adulto - secondo l´autore non sara´ consapevole dei propri bisogni.

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