Robin Hood all'italiana

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silvia caldironi
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Robin Hood all'italiana

Messaggio da silvia caldironi » mar lug 01, 2008 7:18 pm

La tassa sui profitti delle società petrolifere finirebbe per colpire soprattutto l'Eni. Altre compagnie di raffinazione o di distribuzione non hanno avuto quest'anno risultati particolarmente brillanti, nonostante la crescita del prezzo del greggio. Per i beneficiari, l'aumento delle disponibilità dovrebbe avere moderati effetti espansivi. Anche sulla spesa per carburanti e trasporti. In contrasto con gli impegni del Protocollo di Kyoto. Demagogico l'obiettivo di porre un freno alla speculazione. Si apre forse una stagione di interventi straordinari, dopo quella delle una tantum [Marzio Galeotti, http://www.lavoce.info]?


Robin Hood portava via ai ricchi per dare, o ridare, ai poveri: un'azione “etica” ispirata a ragioni di equità di fronte a uno stato ingiusto e vessatorio. Questa volta, in piena globalizzazione, i panni di Robin Hood è deciso a vestirli il nostro ministro dell’Economia, Giulio Tremonti: i cattivi sarebbero le compagnie petrolifere che fanno enormi e ingiusti guadagni sull’aumento del prezzo del petrolio, complice la riprovevole speculazione finanziaria, e i poveri sarebbero i cittadini, dal momento che il petrolio è una fonte energetica e l’energia serve per produrre tutto, beni e servizi.

LA ROBIN HOOD TAX

Il ministro è l’ultimo, ancorché il più determinato, in ordine di tempo ad avanzare una simile proposta. Se ne discute da almeno tre anni negli Stati Uniti, anche se George W. Bush ha sempre provveduto a rintuzzare simili proposte, mentre Barack Obama ha ventilato l’idea di imporre una tassa del 20 per cento su ogni barile di petrolio che costi più di 80 dollari, da destinare a una riduzione del carico fiscale delle famiglie dei lavoratori pari a mille dollari e all’assistenza di coloro che non possono pagare la propria bolletta energetica. Quando il ministro Tremonti ha prospettato la sua idea a margine dell’ultimo Ecofin, il presidente del gruppo Juncker si è mostrato possibilista, mentre il commissario per il mercato interno, Mc Creevy, ha sostenuto che la competenza in materia è dei governi nazionali purché non vi siano distorsioni della concorrenza. Interessati i francesi, guardinghi gli altri.

Ma in cosa consiste esattamente la proposta di Tremonti? Anzitutto si tratta di un intervento straordinario che è in fase di studio sia per le forme del prelievo che dell’utilizzo, quindi un provvedimento a due facce. Sappiamo di cosa non si dovrebbe trattare: non è lo sconto fiscale sul prezzo dei carburanti introdotto dal ex ministro Bersani, poi scaduto, e non rinnovato dal ministro Scajola (anche se forse ci sta ripensando) e non è nemmeno il tetto all’Iva proposto dal presidente francese Sarkozy. C’è la volontà di colpire la speculazione, dovrebbe toccare i profitti delle società dell’intera filiera e dovrebbe produrre un gettito da restituire in maniera non distorsiva, ma etica, a chi ne ha più bisogno.

In un contesto già così vivace dal punto di vista dell’interesse di cronaca e delle reazioni politiche, possiamo azzardare qualche considerazione anche se i dettagli tecnici mancano del tutto, e quindi qualsiasi analisi economica degli effetti di una simile proposta deve essere rimandata a quando se ne saprà di più.

CONSEGUENZE PER CATTIVI E BUONI

Possiamo cominciare a guardare la Robin Hood tax dal punto di vista di chi la subirebbe. Qui sembra che la società maggiormente interessata dal provvedimento sia l’Eni. Le altre compagnie attive nella raffinazione non hanno avuto quest’anno risultati molto brillanti in termini di utile nonostante l’aumento del prezzo del greggio. Ancor meno le compagnie di distribuzione dove i margini dei gestori sono alquanto compressi. Insomma, il grande utile è quello di “big oil” versione nostrana, cioè l’Eni, 6,6 miliardi di euro nel 2007 con un dividendo versato nelle casse dello Stato di circa 1,6 miliardi. La tassa avrebbe dunque come principale effetto quello di colpire gli utili della prima azienda nazionale, finendo per sostituire dividendi con gettito. Ma la riduzione dei dividendi danneggerebbe anche tutti gli altri azionisti, inclusi i grandi investitori e i piccoli risparmiatori. Questo avrebbe un effetto depressivo sul bilancio di uno strato di cittadini risparmiatori, soprattutto perché deprimerebbe il corso di borsa delle azioni Eni. Difficile prevedere le conseguenze precise di tale operazione. Le altre società petrolifere quotate subirebbero sorte analoga, in presenza di bilanci meno floridi. Il mercato è però alquanto oligopolistico e vi potrebbe essere il tentativo di scaricare l’onere della tassa a valle: passando per lo stadio della distribuzione, finirebbe per gravare sui cittadini utenti dei mezzi di trasporto, privato o collettivo, di persone o merci. A livello di distribuzione, visto il carattere più frammentato del mercato, alcuni protagonisti potrebbero addirittura finire per iscrivere delle perdite a bilancio.

Dal punto di vista dei potenziali beneficiari, non sappiamo come tecnicamente il gettito della tassa verrebbe redistribuito, ma immaginiamo che si tratterebbe di detrazioni, sconti o benefici che vanno a incidere sul reddito delle famiglie (quali sarà da capire). In questo caso l’aumento delle disponibilità dovrebbe avere moderati effetti espansivi. Ciò si tradurrebbe in parte, grande o piccola, anche in un aumento della spesa per carburanti e trasporti, compensando così l’effetto delle crescita dei prezzi di tali prodotti e servizi.

TASSA STRAORDINARIA

Nel complesso è difficile prevedere il risultato netto dell’operazione, ma si può comunque anticipare qualche conclusione.

Per rispondere all’emergenza clima l’Italia, come altri paesi, ha assunto precisi impegni di riduzione delle emissioni in sede di Protocollo di Kyoto e di Unione europea. Da questo punto di vista, ogni intervento dovrebbe essere improntato – piaccia o meno – alla riduzione, non già all’aumento, crescita o recupero, dei consumi di fonti fossili di energia. Il consumo più riottoso a ridursi è proprio quello del petrolio connesso ai trasporti. Questa è la ragione per cui ci eravamo già detti contrari al rinnovo dello sconto fiscale sulla benzina. Nonostante il possibile gradimento immediato, non sarebbe fatto un buon servizio ai cittadini se questi si trovassero a dover pagare successivamente, e in modo più salato, le conseguenze di un provvedimento che avesse stimolato la mobilità e i consumi di carburante;

La Robin Hood tax dovrebbe comunque essere un intervento a saldo nullo per il bilancio dello Stato. Sarebbe dunque necessaria un’attenta analisi che tenesse conto di tutte le modifiche al bilancio dello Stato sia sul versante delle entrate – gettito della tassa e proventi da partecipazioni in società – sia su quello delle spese – trasferimento a categorie di contribuenti ed effetti sul risparmio privato.

L’obiettivo di porre un freno alla speculazione sembra alquanto demagogico. La speculazione di cui si parla è quella del mercato internazionale del petrolio. Assai meno ovvia è la sua presenza sul mercato nazionale, inserendosi tra il petrolio grezzo e il prodotto petrolifero finito: un elemento di evidenza dovrebbe essere la presenza di ampie scorte speculative di materia prima o prodotti intermedi o finiti di cui non pare esservi traccia. Ancora più “speculativa” è l’eventuale partecipazione alla speculazione internazionale di società petrolifere nazionali.

Per stessa ammissione del proponente, la tassa ha carattere di straordinarietà e colpisce un’industria specifica in un momento particolare, in cui i profitti sono considerati abnormi. Viene però da domandarsi se non vi siano o non vi siano state altre industrie con profitti molto ampi, ma che non hanno attratto la stessa attenzione, pur producendo beni o servizi di larghissimo utilizzo: che dire delle bolle immobiliari (prezzo abitazioni)? di quelle finanziarie (mutui)? di quelle agricolo-alimentari? Dovremmo attenderci tasse straordinarie sui profitti anche in quei casi? L’Ocse suggerisce che è preferibile lasciare il mercato e la concorrenza svolgano appieno le loro funzioni. Noi invece sembriamo andare in una diversa direzione: dopo il periodo degli interventi una tantum, adesso sembra essere il periodo degli interventi straordinari.




Tratto da:
http://www.lavoce.info/articoli/pagina1000452.html

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