Iraq; riflessioni

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silvia caldironi
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Iraq; riflessioni

Messaggio da silvia caldironi » ven mag 16, 2008 7:39 am

Pax Christi Italia * Rifiutiamo la guerra, gridiamo la speranza *


* Iraq: la tragedia continua *

Firenze 11 maggio 2008 - Pentecoste


Sono passati 5 anni dall'inizio della guerra in Iraq (19 marzo 2003).
Crediamo che nessuna promessa sia stata mantenuta. L'Iraq oggi, ci
dicono alcuni amici con cui siamo in contatto da anni, non è più un
Paese, non ha autorità credibile né amministrazione efficiente, né la
possibilità di fare passi verso la riconciliazione.
"Se non ci fosse stata la guerra a Saddam Hussein, se si fosse ascoltato
Giovanni Paolo II che scongiurava tutti di non fare la guerra, non
staremmo a piangere tutti questi morti.
La Santa Sede disponeva di informazioni sicure sul fatto che Saddam era
pronto ad accettare le condizioni dell'Onu. Le ispezioni stavano
funzionando e sarebbe stato sufficiente attendere un mese, ma non si
volle questa attesa". (Card Raffaele Martino, presidente Pontificio
Consiglio Giustizia e Pace, Corriere della Sera 14 marzo 2008)

Non sapremmo aggiungere altro a queste parole che condannano, se ancora
serve, in modo definitivo la strategia di guerra avviata in Iraq dagli
Usa e da una ampia coalizione, appoggiata anche dal governo italiano,
ora rieletto. Già nel 1963 la Pacem in Terris diceva: "a tutti gli
uomini di buona volontà spetta un compito immenso: il compito di
ricomporre i rapporti della convivenza nella verità, nella giustizia,
nell'amore, nella libertà". La tragedia della guerra scatenata in Iraq,
contro Saddam, contro quel popolo e altre nazioni, per portare
democrazia, libertà e libero mercato ha calpestato puntualmente e
indecentemente ogni prospettiva di pace e di giustizia, di democrazia e
di libertà effettiva:

*... ha calpestato la verità *
perché una infinità di menzogne sono state vendute come "verità"
puntualmente smentite da chi le aveva addotte come motivo per
intervenire in Iraq: le armi distruzione di massa in mano a Saddam non
esistevano, lo ha detto la Cia; Saddam non copriva il terrorismo
fondamentalista di Al Qaeda, lo ha detto il Pentagono. Troppi paesi
occidentali, in testa l'Italia, hanno appoggiato Bush e le sue bugie,
scatenando la tragedia di una guerra inutile. Centinaia di giornalisti
sono stati costretti all'esilio e al silenzio, oppure eliminati
(Reporters sans frontières considerano l'Iraq "il Paese più micidiale
del mondo per i media": dal marzo 2003 sono 210 i giornalisti e
operatori dei media uccisi e 87 sequestrati) . Due "verità" taciute non
sono state smentite dalla realtà: accanto alle aziende di contractors
che hanno fatto affari d'oro con la sicurezza e la protezione degli
interessi non irakeni, è di pochi giorni fa l'elenco delle compagnie
straniere ammesse a partecipare alle gare di appalto per lo sfruttamento
di gas e petrolio dei ricchi giacimenti irakeni: Royal Duch Shell, BP,
Exxon Mobil, Chevron, Total, Conoco Philips, la russa Lukoil, la
spagnola Repsol, l'australiana BHP Billiton, l'italiana Gruppo Edison e
la Korea Gas Korp.

*... ha calpestato la giustizia *
perché il prezzo pagato non giustifica gli impalpabili risultati
raggiunti. Sono stati 5 anni di "carneficina e disperazione" come
denunciano Amnesty International e alcune agenzie Onu. L'OMS
(Organizzazione Mondiale della Sanità) documenta 151.000 irakeni uccisi
da marzo 2003 a giugno 2006 e per la maggior parte civili (uno studio
del gennaio 2008 della Britannica Opinion Research Business (ORB) parla
di un milione di vittime); oltre 70.000 vedove e centinaia di migliaia
di orfani; più di 4.400.000 irakeni sono stati costretti ad abbandonare
le loro case (2.500.000 sfollati interni e 1.900.000 profughi nei paesi
vicini nell'Iraq: fonte UNHCR), 1 irakeno su 3 sopravvive con gli aiuti
di emergenza, 2 su 3 non hanno accesso all'acqua potabile, un sistema
sanitario "in condizioni peggiori che mai" (fonte: Comitato
Internazionale della Croce Rossa - ICRC); un programma di ricostruzione
non ancora decollato che ha visto stanziati (tramite Usa, Ue e Onu)
decine di miliardi di dollari e non ha visto risultati significativi. La
situazione umanitaria nella maggior parte dell'Iraq è fra le più
critiche al mondo (ICRC). E ancora: 4.000 soldati statunitensi morti,
6.000 reduci Usa suicidi, almeno 500 miliardi di $ spesi fino a oggi
secondo le stime più caute per questa guerra, 3 mila miliardi secondo il
premio Nobel Joseph Stiglitz; un Irak distrutto, diviso e lontano dalla
democrazia in cui le minoranze sono sempre più calpestate, un mondo
diviso come non mai fra occidente e islam, un mondo più insicuro e a
rischio..

*... ha calpestato la libertà, la legalità e i diritti umani*
"Iraqui Freedom" si chiamava l'operazione che ha scatenato la guerra in
Iraq. "Cinque anni dopo l'invasione guidata dagli Usa che ha rovesciato
Saddam Hussein, l'Iraq è uno dei Paesi più pericolosi al mondo" (fonte
Amnesty International rapporto 2008). Nessuna guerra libera, anzi,
genera altre catene, tanto più una guerra preventiva che ridicolizza in
modo irreversibile e tragico l'Onu: basta ricordare Falluja e l'uso di
armi chimiche; Abu Grahib o Guantanamo e le torture ai detenuti; oltre
51.133 detenuti (fonte: rapporto Onu sulla situazione dei Diritti Umani
in Iraq, dic 2007) molti dei quali senza possibilità di difesa, in
carcere solo per sospetti o senza prove effettive e senza garanzie di un
giusto processo; la presenza nelle carceri irakene di 1.350 minori di
età compresa fra i 10 e i 17 anni (fonte Unicef); una costituzione che
contempla la pena di morte velocemente applicata; le vendette
trasversali ormai incontenibili; la divisione etnica del paese e la
conseguente violenza contro le minoranze (cristiani, yazidi, ...); la
tragedia della criminalità organizzata e i continui rapimenti a scopo di
lucro; la drammatica situazione delle donne (vedi rapporto del Women for
Women International) ; il fatto che oggi l'Iraq è il paese in cui Al
Qaeda è saldamente presente con la su ideologia di morte; la creazione
di muri di divisione sempre più invalicabili in Medio Oriente e nel
mondo intero.

Rifiutiamo ogni tentativo di disimpegno in atteggiamenti dimissionari
che minimizzano il male, in fuga nel privato che separa ambito sociale e
morale, in fuga nello strategico che ci porta a una azione umanitaria
incapace di mettere in discussione il nostro sistema e le nostre scelte.

*Ma** ci domandiamo: cosa resta dopo una tale violenza devastatrice? *

*Resta *un popolo che vuole dignità e risposte semplici al vivere
quotidiano da troppo tempo inascoltate: acqua, elettricità, scuole,
lavoro, strade, cibo
.... chiediamo al governo irakeno e a chi lo ha voluto e lo sostiene di
rispondere innanzitutto alle necessità della gente.

*Resta* una piccola comunità cristiana che non vuole essere confinata in
alcuna riserva o territorio (vedi il progetto della piana di Ninive) ma
che desidera condividere il futuro dell'intero Iraq e dell'intero popolo
che lo abita portando il messaggio evangelico come buona notizia e
progetto di vita per tutti
.... esperti di convivenza i cristiani di Iraq possano essere garanzia di
riconciliazione e ponte di dialogo fra l'islam e il mondo moderno. Non
siano lasciti soli, ma siano ascoltati e appoggiati dalla chiesa
universale e dalle nostre comunità nella loro scelta di cittadinanza
irakena e di uno stato di diritto.

*Resta* una necessità grande che le religioni diventino sempre più
capaci di dialogo, di incontro, di profonda spiritualità; capaci di dare
corpo a quel decalogo di Assisi che è la strada condivisa per vincere
ogni tentazione di scontro di civiltà, obbedendo all'unico e
fondamentale comandamento dell'amore
.... chiediamo alle donne agli uomini di fede e ai responsabili religiosi
il coraggio della fraternità, la forza di disarmare Dio e la religione e
la capacità di delegittimare in nome di Dio ogni gesto e scelta, ogni
strumento e strategia che calpesta la vita e la dignità delle persone.

*Resta* una comunità internazionale ferita che nel 60° anniversario
della Dichiarazione dei Diritti Umani vuole ritornare alla forza della
legge e alla tutela della dignità di ogni persona e di tutti i popoli
superando la tragedia di una sicurezza che cancella la libertà e di
interessi che calpestano la giustizia
.... vorremmo vedere meno strategie di sicurezza nazionale e più
strategie di giustizia e bene comune, chiediamo alle nazioni e ai popoli
di rileggere, riconfermare e applicare in ogni modo la Carta dell'Onu e
la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.

*Resta* la via della nonviolenza come unica percorribile e capace di
costruire speranza e rapporti nuovi e vitali, e la via della
riconciliazione e ricostruzione della fiducia come unica capace di
sguardo al futuro e di limitare le vendette dirette o trasversali
.... chiediamo la profezia della nonviolenza innanzitutto ai nostri
Vescovi, eredi della profezia di pace del Cristo, alla nostra Chiesa e a
chi si riconosce nel vangelo di Gesù. Rispondere al male con il bene sia
la nostra unica testimonianza.

*Resta* la scelta del disarmo e del rifiuto di ogni strategia
terroristica e di guerra, santa, giusta, preventiva, umanitaria, di
liberazione o di occupazione, sempre e solo "avventure senza ritorno"
.... chiediamo al nostro nuovo governo e al parlamento di rispettare la
Costituzione, di ascoltare la voce della propria coscienza e di avviare
una politica di pace fatta di disarmo e di riduzione delle spese
militari sempre più di offesa che di difesa (vedi aereo cacca F35); di
privilegiare una politica di rifiuto di ogni strumento violento e
militare nell'affrontare le situazioni di conflitto (vedi l'ipotesi di
tornare con i nostri soldati in Iraq). Chiediamo a chi ci rappresenta in
sede Europea di insistere in ogni modo perché le politiche di
prevenzione dei conflitti e di difesa nonviolenta ci vedano sempre più
protagonisti sul palcoscenico mondiale.

*Resta *aperta solo la prospettiva quotidiana di chi sa costruire ponti,
incontro, scambio, cooperazione, collaborazione. Metodi molto più
congeniali e adatti alle Ong, ai Corpi Civili di Pace, alla Società
Civile che agli eserciti e alle multinazionali
.... chiediamo a tutti noi maggiore sobrietà di vita e il coraggio della
povertà, di mezzi e strumenti, per non dover dissanguare i popoli e le
nazioni che hanno nel loro sottosuolo quelle riserve di energia e di
materie prime che sono spesso motivo di guerre.

*Resta* lo sguardo dal basso: dei piccoli, delle donne, delle vittime di
ogni violenza. E' il nostro punto di vista da cui guardiamo e
giudichiamo la politica, la storia, l'economia, la religione
.... coscienti di un'altra efficacia riconoscibile nella storia, rispetto
alla tragica logica della difesa, del possesso e dominio, vogliamo
essere fra i molti che non cessano di cercare il bene e il vero,
dedicando a questo la nostra vita e riconoscendo in questo il senso e il
compimento della nostra esistenza.

*Mons.** Paolo Faraj Rahho,* vescovo di Mosul, servo del Vangelo di
Cristo, rapito e trovato ucciso il 13 marzo 2008, ci lascia nel suo
testamento una lucida testimonianza e un impegno che facciamo nostro:

/ "L'uomo, che dona la sua vita, se stesso e il suo essere e tutto ciò
che possiede a Dio e all'altro esprime così la profonda fede che ha in
Dio e la sua fiducia in Lui. Il Padre Eterno si prende cura di tutti e
non fa mai male a nessuno. Perché il suo amore è infinito. Lui è Amore,
ed è anche la pienezza della paternità. ... Chiedo a tutti voi di essere
sempre aperti verso i nostri fratelli musulmani, yazidi e tutti i figli
della nostra Patria amata, di collaborare insieme per costruire solidi
vincoli di amore e fratellanza tra i figli del nostro amato Paese, Iraq." /


*Come già detto più volte in questi anni, rinnoviamo l'impegno a non
cedere alla tentazione crescente dell'assuefazione, dell'indifferenza,
della rassegnazione.
Come Pax Christi siamo stati molte volte in Iraq per essere accanto a
chi subisce la follia della guerra con tutte le sue conseguenze.
L'ultima volta, lo scorso mese di febbraio.
Per questo ci sentiamo di affermare che i dati presentati in questa
riflessione, i numeri e le cifre non solo sono tragicamente veri, ma per
noi hanno un volto, concreto e ben definito: quello delle persone che
abbiamo incontrato.

Anche con loro e per loro, rifiutiamo la guerra, gridiamo la speranza *

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