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silvia caldironi
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Messaggio da silvia caldironi » sab ott 06, 2007 6:25 pm

IL PARLAMENTO IMPEGNA IL GOVERNO A VERIFICARE L’IMPATTO SUI PAESI PIU’
POVERI DEI NUOVI ACCORDI COMMERCIALI TRA AFRICA ED EUROPA (EPA)

A cinque anni dall’inizio dei negoziati di liberalizzazione commerciale
(Economic Partnership Agreements, cioè EPA o APE) tra Europa e Africa,
Caraibi e Pacifico, CRBM, Fair e Mani Tese salutano l’approvazione al
Senato di un Ordine del Giorno che impegna il Governo “ad una verifica ed
una revisione della politica commerciale dell’Unione Europea,
particolarmente rispetto ai Paesi in via di sviluppo, ed in particolare a
valutare i termini temporali di conclusione dell’accordo al fine di
permettere una più accurata e partecipata considerazione delle ricadute
degli EPA sulle prospettive di sviluppo”.

Roma, 4 ottobre 2007 – Il 27 settembre, Giornata Mondiale di Mobilitazione
contro gli Accordi di Partenariato Economico, Campagna per la Riforma della
Banca Mondiale, Mani Tese e l’equosolidale Fair avevano chiesto al
parlamento italiano a nome di Tradewatch, Osservatorio italiano sul
Commercio Internazionale, di assumersi la responsabilità di una reazione
all’affondo che la Commissione Europea sta portando alle fragili economie
dei Paesi di Africa Caraibi e Pacifico spingendoli a una liberalizzazione
dei mercati che non potrà portare loro nessun vantaggio per molti anni,
stanti i ritardi nell’integrazione regionale tra i loro Paesi e le
difficili condizioni strutturali dei loro sistemi produttivi locali, che
hanno bisogno di crescere e di sfamare le proprie popolazioni prima di
essere proiettati nell’arena della competizione globale.

Apprendiamo con soddisfazione che martedì sera il Senato ha approvato un
Ordine del Giorno che impegna il Governo “Ad una verifica ed una revisione
della politica commerciale dell’Unione Europea, particolarmente rispetto ai
Paesi in via di sviluppo, ed in particolare a valutare i termini temporali
di conclusione dell’accordo al fine di permettere una più accurata e
partecipata considerazione delle ricadute degli EPA sulle prospettive di
sviluppo e perseguimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio per i
paese ACP”.

Il primo firmatario dell’Ordine del Giorno, il senatore Francesco Martone,
ha detto in Senato presentando l’Odg che “ad oggi, per come vengono
impostati tali accordi, si corre il rischio che i Paesi dell'Africa, dei
Caraibi e del Pacifico debbano accettare condizioni che rischiano di
contraddire alcuni degli obiettivi fondamentali dell'Accordo di Cotonou,
che sono principalmente la lotta alla esclusione sociale e la lotta alla
povertà. Quindi, anche sulla scorta delle grandi mobilitazioni svolte la
settimana scorsa a livello internazionale sui negoziati EPA, chiediamo che
il Governo italiano possa assicurare una maggiore valutazione rispetto alle
ricadute di sviluppo di questi accordi, pensando anche di poter
riconsiderare i termini temporali per la loro conclusione”.

Da dove vengono gli EPA

Inseriti negli accordi di cooperazione post-coloniali, gli EPA
rappresentano il loro pilastro di cooperazione commerciale. La logica che
guida questi accordi è quella di azzerare le ‘facilitazioni’ al commercio
assicurate dai vecchi patti per non infrangere le regole della
Organizzazione Mondiale del Commercio, che prescrive che nessun Paese possa
avere garantite da un altro condizioni commerciali ‘protette’.

Come ormai venti anni di politiche di liberalizzazione commerciale imposte
da Banca mondiale e Fondo monetario hanno ormai ampiamente dimostrato,
però, l'apertura indiscriminata dei mercati elimina ogni possibilità di
sviluppo dei mercati locali e regionali e di un'offerta locale di beni e
servizi, soprattutto se il livello di sviluppo socio-economico è così
asimmetrico come nel caso Ue-ACP.

Gli impegni del Governo Prodi

Premesso che,

dal 2002 l’Unione Europea e i Paesi dell’Africa, dei Caraibi e del
Pacifico, (ACP), stanno negoziando Accordi di Partnership Economica (EPA),
il cui obiettivo è di stabilire “nuovi aggiustamenti negli scambi,
compatibili con le regole della WTO, che rimuovano progressivamente le
barriere agli scambi tra Unione Europea e Paesi ACP”, e che dovrebbero
costruire “iniziative di integrazione regionale tra I Paesi ACP” e
promuovere “lo sviluppo sostenibile contribuendo in quegli stessi Paesi
allo sradicamento della povertà”;

Considerato che,

questi accordi sono fondati su una rigida interpretazione delle regole
della WTO, prevedendo l’eliminazione di tutte le barriere commerciali su
più del 90% degli scambi tra Europa e Paesi ACP, e nel più breve tempo
possibile;

alcuni dei temi posti in agenda dall’Unione Europea, quali investimenti,
concorrenza, facilitazioni commerciali, commesse governative, protezione
dei dati e servizi, erano stati già contrastati dai paesi ACP in sede WTO
per il loro impatto negativo sullo sviluppo;

nonostante la finalità di integrazione regionale, gli EPA rischiano di
pregiudicare i già fragili processi di integrazione regionale ed espongono
i produttori di quei Paesi a un’impari concorrenza con l’Europa nei mercati
interni e dell’area;

secondo stime dell'Uneca (la Commissione economica delle Nazioni Unite per
l'Africa) a seguito dell'abbassamento dei dazi derivante dalla progressiva
liberalizzazione commerciale, un Paese come la Nigeria perderà 427 milioni
di euro in termini di gettito fiscale. E via a seguire con il Ghana, 193
milioni, il Camerun, 149 milioni ed il Kenya, 107 milioni. Secondo altre
stime, i costi totali per I primi 5 anni di attuazione degli accordi EPA
per I paesi ACP ammonterebbero a 9,2 miliardi di dollari.

Considerando inoltre che,

i fondi del FES 10 (Fondo Europeo per lo Sviluppo) potrebbero essere
utilizzati come contropartita dell’accettazione da parte dei paesi APC
delle condizioni fissate nei negoziati EPA. Ad esempio, per quanto
riguarda l'area del Pacifico, la Commissione sviluppo della Ue ha
comunicato ai quei paesi la volontà di decurtare del 45% i 95 milioni di
euro stanziati per i programmi regionali in caso di mancata firma degli EPA
entro il 31 dicembre prossimo. Un taglio minore ma comunque consistente,
del 26%, verrà effettuato se l'accordo Epas non conterrà misure relative
alla liberalizzazione degli investimenti, dei servizi e a regole per la
protezione dei diritti di proprietà intellettuale;

secondo quanto previsto dall’articolo 4 della Convenzione UE-ACP di Cotonou
gli attori non-statuali dovrebbero essere coinvolti nell’ elaborazione
delle strategie di sviluppo del FES. Tuttavia, secondo la piattaforma di
ONG Europee, CONCORD, in Paesi, come Niger, Senegal e Burundi, la
delegazione della Commissione europea sarebbe venuta meno a tale impegno;

il 10° FES accantona fondi aggiuntivi per quei paesi che s’impegnino a
risolvere le problematiche definite “critiche” dalla Commissione e dagli
stati membri nel cosiddetto “Profilo di Governance”, documento preparato
senza consultare I Paesi interessati e la società civile.

Impegna il Governo

Ad una verifica ed una revisione della politica commerciale dell’Unione
Europea, particolarmente rispetto ai Paesi in via di sviluppo, ed in
particolare a valutare i termini temporali di conclusione dell’accordo al
fine di permettere una più accurata e partecipata considerazione delle
ricadute degli EPA sulle prospettive di sviluppo e perseguimento degli
Obiettivi di Sviluppo del Millennio per i paese ACP.

A garantire, nella transizione, a tutti i Paesi ACP un livello di
preferenze equivalente a quello concesso dall'accordo di Cotonou e ad
eliminare dai negoziati i Temi di Singapore e a rispettare le misure di
flessibilità garantite dall'accordo GATS in materia di servizi, escludendo
quelli pubblici essenziali.

Ad adoperarsi in sostegno ad un approccio basato sul principio di non
reciprocità, come previsto in ambito Wto rispetto ai prodotti di
particolare interesse (GSP) e al trattamento speciale e differenziale.

A rendere pubblici i profili di governance dei Paesi ACP, aprendoli alla
discussione; e sostenere il rafforzamento della partecipazione della
società civile nell’elaborazione delle Strategie dei Paesi del FES.

Firmatari dell’iniziativa sono stati i senatori Martone, Mele, Del Roio,
Cossutta,

<mailto>

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